di Andrea Bianchi
Antefatto, la culture cancel.
La distruzione di un canone (letterario, comportamentale ecc.) presenta un aspetto psicologico estremamente interessante. A un livello raffinatissimo in letteratura lo facevano anche i sommi come Borges: Altre inquisizioni è una serie di staffilate rifilate ai classici per distruggerli e riproporli al pubblico. Quindi è una tentazione irresistibile. Su un piano di massa, invece, la distruzione del patrimonio è generalmente più becera: la culture cancel serve anche per darsi un tono.
In particolare il fenomeno ha avuto un’impennata negli anni Novanta quando nei dipartimenti umanistici USA si è preso a etichettare “maschi bianchi & morti” la maggior parte degli uomini “di cultura” del passato. Resta divertente da leggere la prima disamina puntuale del fenomeno: La cultura del piagnisteo di Hughes.
Con questi crismi è facile immaginare cosa stiano combinando nelle biblioteche e nel mondo culturale americano. Va di moda la disrupture, la rottura definitiva (non solo “critica”, che sarebbe già un preludio alla rinascita) col passato, col canone, col dato acquisito. Si vuole, insomma, compilare una nuova genealogia di idee accettate dal buonsenso comune, scavalcando tre millenni di storia.
Una notizia che da ultimo fa scalpore è la pubblicazione di Shakespeare in a divided America dello studioso americano James Shapiro (stampa Faber, il marchio storico di Eliot mentre in edizione tascabile, ma solo per gli States, il marchio è Penguin: quindi si parla di alte tirature, non di saggi introvabili).
Vista da qui sembra un’operazione raffinatissima di pervasione mediatica che va avanti da quasi un anno, dall’uscita del libro di Shapiro che nelle scorse settimane è stato vivisezionato dalla stampa USA, dalla sinistra alla destra dello spettro politico.
Vediamo meglio.
Shapiro è un personaggio. Ha raccontato in interviste recenti di quando negli anni Settanta, ventenne, faceva i lavoretti estivi per poi andarsene a Londra col fratello e vedere tutto il teatro di Shakespeare. C’era un’opera al giorno cui assistere per tutto un mese e Shapiro si spostava tra i tre teatri storici di Londra tutte le estati per quattro anni, ammirando alla fine quasi 200 rappresentazioni. Sostiene che il prezzo dello spettacolo fosse basso, solo 50 pence.
Quindi qui non abbiamo a che fare con un arido tecnico, con un polveroso compilatore di bibliografie mortali sull’identità autoriale del vecchio Will: Shapiro sa la dizione, l’estro del dialogato sul palco, il gioco delle parti … leggi tutto