Riccardo Iacona ha "celebrato" nello studio tv della Rai un processo di Gratteri del quale non c'è ancora neanche un grado di giudizio
La trasmissione Presa diretta ha dedicato l’intera puntata di lunedì sera alla lotta alla ndrangheta per come declinata nell’inchiesta “Rinascita Scott”. Chiariamo subito una cosa: la ndrangheta in Calabria c’è ed è una cosa drammaticamente seria dal momento che, come sempre ed ovunque, tende ad accompagnarsi con il traffico di droga, l’uso della violenza, la pratica dell’usura ed il costante tentativo di intimidire i cittadini e corrompere funzionari pubblici, politici e appartenenti alle forze dell’ordine.
Focalizzare, così come hanno fatto le telecamere di Presa diretta, queste cose in terra di ndrangheta ci è sembrato persino banale. Farcele vedere di nuovo è come fare un servizio sull’acqua alta a Venezia o sulla nebbia in Val Padana pretendendo di rivelarci chissà quale novità.
A meno che non si voglia “impressionare” e portare fuori strada l’opinione pubblica e dare una lettura distorta sul perché, nonostante le centinaia di “retate” , la ndrangheta sia riuscita a fare un salto di “qualità” trasformandosi nel giro di qualche decennio, da una modesta e, a volte, pittoresca associazione di uomini di malavita, in una delle più terribili organizzazioni criminali dell’Europa occidentale.
Se il dottor Iacona, conduttore di Presa Diretta, ci avesse aiutato a comprendere come tutto ciò è stato possibile, avrebbe dato un importante contributo alla verità. Invece ha puntato alla lettura della realtà calabrese utilizzando solo la “filigrana” di Rinascita Scott, pur essendo questo un processo alle prime battute.
Per farlo è stato necessario presentare come credibili pentiti e collaboratori di giustizia che potrebbero non esser ritenuti tali dai giudici e come sicuri colpevoli imputati (anche incensurati) che potrebbero essere assolti da ogni accusa … leggi tutto
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