“L’Amazzonia insegna che non si separa l’uomo dalla natura” (huffingtonpost.it)

di Mauro Garofalo

Sebastiano Mauri nel suo ultimo libro, La nuova 
terra (Guanda), racconta il principio dello 
sciamanesimo

Leone viene convinto da sua cugina Nur a intraprendere un viaggio in Amazzonia che metterà in discussione tutte le sue certezze. Viaggiare ti cambia per sempre perché “non vediamo le cose come sono, vediamo le cose come siamo”, scriveva Anaïs Nin. È la trama di La nuova terra (Guanda, €19), l’ultimo romanzo di Sebastiano Mauri: artista, scrittore e regista di origini italo-argentine, nel 2018 ha vinto il premio Flaiano per il film Favola tratto dall’omonimo libro di Filippo Timi.

Il suo racconto richiama alla memoria i taccuini di Bruce Chatwin, l’altro come in Ryszard Kapuściński.

“Accetto i riferimenti anche se non sono stati intenzionali”, racconta Mauri. “Non mi è capitato molte volte nella vita di compiere un viaggio che mi facesse fare un cambio di prospettiva. E’ successo nel 2014, nel momento in cui iniziai a scoprire il mondo della medicina sciamanica, ovvero incontrai le cosiddette ‘piante maestre’ chiamate così perché in grado di veicolare un insegnamento in chi le utilizza.

In particolare l’ayahuasca, un decotto psicotropo utilizzato a scopi terapeutici, o il peyote. Nella cultura sciamanica la rivelazione avviene tramite un particolare cerimoniale controllato in cui si ricevono regali-verità da queste piante: basti pensare al curaro, un cocktail di piante utilizzato dalle comunità indigene per uccidere le prede rilassandole. Un altro veleno intossicherebbe chi mangia la carne dell’animale ucciso.

Con il curaro invece la morte è per asfissia, l’animale rilassa tutti i muscoli, non c’è traccia di veleno: non è un caso che oggi il curaro venga usato nei nostri ospedali in caso di operazioni. La narrativa amazzonica prevede questo tipo di medicina e lo sciamano è l’unico che può assumere la sostanza: nello stato di trance capisce la malattia e la cura necessaria, e questa cura è sempre disponibile nella farmacia della selva”.

Qual era il nucleo narrativo che andava cercando?

“Il romanzo si chiama La nuova terra per via del calendario azteco, il quale prevedeva che il mondo sarebbe finito nel 2019, e nel 2020 sarebbe iniziato un nuovo ciclo”, sorride Mauri. “E in effetti quando è iniziato il 2020 ce ne siamo accorti! In base a questa astrologia, il 2020 avrebbe decretato la fine del segno dei Pesci, il Cristianesimo arcaico ha come simbolo proprio il pesce. Adesso inizia l’era dell’Acquario, un cambio epocale che gli aztechi chiamavano ‘nuova terra’.

Ciò che mi interessava, e che ho tentato di inserire nel libro, è il principio dello sciamanesimo, ovvero la necessità di curare se stessi, e continuare a farlo per tutta la vita: ognuno di noi può cadere vittima di dipendenze, di malattie, può intraprendere strade sbagliate: curare se stessi coincide con la cura della Terra” … leggi tutto

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