L’evoluzione dell’intelligenza artificiale dalla computazione dello spazio: un estratto dalla raccolta AI & Conflicts.
In un affascinante mito cosmogonico degli antichi Veda, si narra che, nell’atto di creazione dell’universo, lo stesso dio creatore Prajapati venisse distrutto. In seguito alla nascita del mondo, la divinità suprema fu ritrovata a pezzi, smembrata. Nel corrispettivo rito Agnicayana, i devoti induisti ricompongono simbolicamente i frammenti del corpo del dio edificando un altare di fuoco secondo un complesso piano geometrico. L’altare è costruito allineando migliaia di mattoni dalle forme e dimensioni precise, in modo da creare il profilo di un falco.
Ciascun mattone è numerato e collocato recitando un mantra dedicato e seguendo passo a passo le istruzioni. Ogni strato dell’altare è costruito sopra il precedente rispettandone la stessa area e forma. Risolvendo un rompicapo logico che è la chiave del rituale, ogni strato deve mantenere la stessa forma e area di quello contiguo, usando però una configurazione di mattoni diversa. Infine, l’altare a forma di falco deve essere orientato verso est, preludio al volo simbolico del dio verso il sole che sorge – esempio di reincarnazione divina per via geometrica.
Il rituale Agnicayana è descritto nelle Shulba Sutras, scritte in India intorno all’800 a.C., ma che documentano una tradizione orale molto più antica. Le Shulba Sutras insegnano la costruzione di altari di specifiche forme geometriche per assicurarsi doni dalle divinità. Per esempio, suggeriscono che “coloro che desiderano distruggere nemici presenti e futuri dovrebbero costruire altari per il fuoco a forma di rombo”. La complessa forma di falco dell’Agnicayana si è sviluppata gradualmente da una composizione schematica di soli sette quadrati. Nella tradizione Vedica si dice che gli spiriti vitali Rishi crearono sette Purusha (entità cosmiche o persone) di forma quadrata che insieme componevano un unico corpo, ed era da questa forma che Prajapati emergeva nuovamente.
Nel 1907 lo storico dell’arte Wilhelm Worringer suggerì che l’arte primitiva fosse nata nelle linee astratte dei graffiti rupestri; allo stesso modo si potrebbe presumere che il gesto artistico sia emerso anche attraverso la composizione di segmenti e frazioni, introducendo forme e tecniche geometriche di complessità sempre maggiore. Nei suoi studi sulla matematica vedica, il matematico italiano Paolo Zellini ha scoperto che il rito Agnicayana era utilizzato per trasmettere tecniche di approssimazione geometrica o crescita incrementale – in altre parole, tecniche algoritmiche – paragonabili ai calcoli moderni di Leibniz e Newton. L’Agnicayana è uno tra i più antichi riti documentati ancora oggi praticati in India e un esempio primordiale di cultura algoritmica.
Ma come possiamo definire algoritmico un rito antico quanto l’Agnicayana? Per molti leggere le culture del passato attraverso il paradigma delle più recenti tecnologie potrebbe apparire come un atto di appropriazione culturale. Ciononostante, affermare che le tecniche astratte della conoscenza e i metalinguaggi artificiali appartengano unicamente al moderno Occidente industrializzato non è solo storicamente inaccurato, ma è anche un atto di colonialismo epistemico verso culture di altri luoghi e tempi. Il matematico francese Jean-Luc Chabert ha notato che “gli algoritmi esistono dall’inizio dei tempi, molto prima che fosse coniata una parola specifica per descriverli.
Gli algoritmi sono semplicemente un insieme di istruzioni da svolgere passo dopo passo, da eseguire quasi meccanicamente per raggiungere determinati risultati”. Oggi sono in molti a considerare gli algoritmi come una recente innovazione tecnologica che implementa principi matematici e astratti. Al contrario, gli algoritmi sono tra le pratiche più antiche e materiali dell’umanità e, in quanto tali, hanno anticipato molti strumenti e tutte le macchine moderne:
Gli algoritmi non sono circoscritti solo al campo della matematica […]. I Babilonesi li usavano per stabilire i principi della legge, i maestri latini per ottenere una grammatica corretta, e sono stati utilizzati in tutte le culture per predire il futuro, per decidere trattamenti medici o per preparare il cibo […] parliamo quindi di ricette, regole, tecniche, processi, procedure, metodi, ecc., usando la stessa parola applicata a diverse situazioni. I cinesi, per esempio, usano la parola shu (con il significato di regola, processo o stratagemma) sia per la matematica che per le arti marziali […]. Alla fine, il termine algoritmo è arrivato ad indicare qualsiasi processo di calcolo sistematico, cioè un processo che può essere eseguito automaticamente. Oggi, soprattutto grazie all’influenza dell’informatica, l’idea di finitezza è diventata un elemento essenziale nel definire il significato di algoritmo, distinguendolo da nozioni più vaghe come processo, metodo o tecnica … leggi tutto