di Micol Lavinia Lundari
Uno scritto del 1979
BOLOGNA – “La tua dedica mi ha toccato, e te ne ringrazio, ma non posso accettare l’equiparazione del carcere coi Lager”. Così scriveva nel 1979 Primo Levi a Sante Notarnicola, scomparso a Bologna lunedì, valutando le poesie che questi gli aveva inviato. Notarnicola il “bandito”, come si definì; condannato all’ergastolo e vicino alle Brigate rosse, libero dal 2000; oste al Pratello e poeta. Autore di poesie, così le giudicò Levi in questa corrispondenza pubblicata sul sito di Notarnicola, “belle, quasi tutte; alcune bellissime, altre strazianti.
Mi sembra che, nel loro insieme, costituiscano una specie di teorema, e ne siano anzi la dimostrazione: cioè, che è poeta solo chi ha sofferto o soffre, e che perciò la poesia costa cara. L’altra, quella non sofferta, di cui ho piene le tasche, è gratis”.
Il dolore e il travaglio come premessa e radice di una produzione letteraria di valore, per Primo Levi. Che però non accetta quanto scritto da Notarnicola nell’introduzione e nella premessa alla raccolta di poesie inviategli presso gli uffici della casa editrice Einaudi: l’esperienza carceraria – cui Notarnicola fu condannato per una serie di rapine sanguinarie commesse con la banda Cavallero – assolutamente non poteva, per Levi, essere equiparata a quella dei lager che proprio Levi trasmise al mondo col suo “Se questo è un uomo” … leggi tutto
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