Noi avevamo preparato già il titolo: “Ergastolo addio, da oggi l’Italia è migliore”.
Eravamo abbastanza certi del fatto che la Corte Costituzionale avrebbe posto fine all’ergastolo ostativo, ristabilendo i principi della Costituzione repubblicana, soprattutto dopo che l’avvocatura dello Stato aveva dichiarato di non opporsi alla decisione. E stavamo ragionando sul fatto che questo era il primo segnale (forse) di presenza di una nuova cultura liberale: quella della nuova ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che dopo molti anni (forse) riporta il Diritto – o almeno l’idea del Diritto – a via Arenula e pone fine a una lunga stagione di giustizialismo più temperato (Severino, Orlando, per esempio) o assolutamente esagitato (Bonafede). E invece…
Invece proprio nella serata di ieri, dopo che si è avuta notizia della presa di posizione dell’avvocatura dello Stato, è scattata una feroce controffensiva, guidata dal Fatto di Travaglio, che ha colpito subito nel segno. La punta di diamante di questa offensiva è stato un esponente del Csm, e cioè Nino Di Matteo, ex davighiano e oggi battitore libero che dispone di larghissimi appoggi nel mondo dell’informazione (come del resto tutti gli esponenti del partito dei Pm).
Di Matteo, per la verità, non è esponente di quel partito, perché lavora in proprio, su questo dimostrando anche una certa indipendenza. E però, di solito, viene usato dal partito dei Pm proprio come fromboliere, perché questo, spesso, è il ruolo degli irregolari: fare e dire cose che gli altri magari non possono dire o fare per ragioni istituzionali.