Le crisi aziendali in Lombardia mettono in difficoltà la Lega (internazionale.it)

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A Lomazzo in tanti ricordano che fino agli inizi 
degli anni novanta nevicava spesso. Poi però 
aggiungono che non era neve vera, ma polvere di 
detersivo. 

A spargerla erano le ciminiere della Henkel, una multinazionale tedesca che dal 1933 in questo paese in provincia di Como produce detergenti per il bucato e per le stoviglie come Bio presto, Dixan, Nelsen, Perlana e Vernel. “Ogni mattina trovavamo le auto ricoperte di uno strato bianco”, dice uno dei rari passanti che incontro sul corso principale, svuotato dalle misure per arginare il covid-19.

Gli abitanti raccontano pure che dai rubinetti delle abitazioni attorno alla fabbrica usciva acqua con le bollicine. Dopo le denunce dei medici di base che constatavano un aumento di tumori e gli esiti delle analisi sull’inquinamento ambientale, la Henkel ha sospeso la produzione di polveri lasciando solo quella dei liquidi. Le precipitazioni di “neve” sono finite e di acqua saponata dai rubinetti non ne è più uscita.

A “mamma Henkel”, come la chiamano da queste parti, si è perdonato sempre tutto. La fabbrica ha dato lavoro e un relativo benessere a più di una generazione di lomazzesi e nessuno ha mai osato parlarne male. Solo ora che sta per andarsene, chi si sente tradito racconta dell’inquinamento e delle bonifiche da fare, di quel “muro impenetrabile” opposto dai manager tedeschi a qualsiasi domanda e delle guardie private inviate a sorvegliare la fabbrica dopo l’annuncio della chiusura, l’11 febbraio 2021.

Un fulmine a ciel sereno
È accaduto tutto all’improvviso. Quel giovedì di metà febbraio, la direzione italiana dell’azienda con sede a Düsseldorf ha convocato a sorpresa i sindacati. La sera prima avevano messo a riposo per due giorni tutti i dipendenti adducendo non precisati “motivi di sicurezza”. I rappresentanti dei lavoratori si aspettavano di “fare come ogni anno il punto della situazione” con i vertici aziendali, spiega Serena Gargiulo, sindacalista della Uiltec. Dice che nel novembre 2020 avevano chiesto delle assunzioni e, pur non avendo ottenuto risposte, “non ci siamo insospettiti”.

D’altronde, in quasi novant’anni nessuno aveva mai messo in discussione l’esistenza della fabbrica, e nel 2019 i dirigenti avevano presentato al comune un piano di ampliamento. Solo la pandemia ha impedito un’iniziativa che prevedeva l’apertura al territorio, con visite guidate degli stabilimenti.

Invece, l’incontro dell’11 febbraio è durato pochissimi minuti. I dirigenti hanno fatto sapere che la fabbrica avrebbe fermato l’attività “entro il mese di giugno 2021” e che tutta la produzione sarebbe stata spostata settecento chilometri più a sud, nello stabilimento di Ferentino, vicino a Frosinone … leggi tutto

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