C’era una volta il bar (rivistastudio.com)

di Davide Coppo

Innovazioni politiche, culturali ed economiche 
sono spesso nate intorno a un tavolino. 

Elogio di un luogo che ci manca.

Sono le cinque del mattino al bar Maxim’s, uno dei club più in voga di Bucarest. Davanti a una schiera di bottiglie di champagne, il trentenne Georges Simenon inizia a parlare con un uomo seduto vicino a lui. Non scorre, a quell’ora, soltanto vino francese, ma whisky e altri superalcolici, eppure l’atmosfera non è quella che ci si potrebbe immaginare dopo una notte di eccessi: anzi, si respira «un clima piacevolmente rilassato», in cui Simenon individua artisti, un magistrato ed esperto di diritto internazionale, un dotto rumeno, un ex ministro.

È una scena descritta con più dettagli in Europa 33, una raccolta di reportage di viaggio scritti da Simenon dal Belgio a Istanbul in un anno cruciale per il mondo, in cui lo scrittore misura il polso al continente in equilibrio precario tra le due guerre. Non è un episodio fondamentale, ma apre una finestra su un mondo – quello dei caffè, dei bar, dei ristoranti e dei club – che per oltre un secolo è stato il laboratorio in cui si progettavano le innovazioni politiche, culturali, economiche e sociali dell’Europa.

Si potrebbe arrivare a dire che l’Occidente stesso, per come lo conosciamo, è nato nei bar, intorno a tavolini con sopra un bicchiere di vino, oppure di whisky, o una tazza o tazzina di tè e di caffè, negli orari più diurni. In un certo senso è quello che fa il saggio A Rich Brew: How Cafés Created Modern Jewish Culture di Shachar Pinsker, un professore ed esperto di cultura ebraica della University of Michigan, un testo del 2018 molto ben recensito e vincitore di diversi premi. Pinsker riconduce ai bar non soltanto la “moderna cultura ebraica” del titolo, ma la nascita delle democrazie europee. «La democrazia non fu costruita nelle strade», ha scritto Adam Gopnik commentando il libro sul New Yorker, «bensì tra i piattini». Perché i caffè? In breve: perché i caffè, nel Diciannovesimo secolo, erano tra i pochi posti in cui ci si poteva riunire comodamente ed evitando gli occhi panottici dello Stato.

E quindi discutere, lamentarsi, e all’occorrenza cospirare. Pochi luoghi, ad esempio, furono importanti per la vita politica e culturale europea quanto il Café Central di Vienna, inaugurato nel 1876, culla del Positivismo, che accolse ai suoi tavolini rotondi, tra gli altri, Theodor Herzl e Adolf Hitler, Josif Bros Tito e Vladimir Lenin. A proposito di storia e cospirazioni, c’è un aneddoto piuttosto famoso legato al Café Central: pochi anni prima della Prima guerra mondiale, si trovarono a discutere Viktor Adler, deputato socialdemocratico austriaco, e l’importante Leopold von Berchtold, ministro degli Esteri austroungarico.

Adler intendeva mettere in guardia il conte von Berchtold: una grande guerra continentale, diceva, avrebbe favorito una pericolosa rivoluzione in Russia … leggi tutto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *