Pensieri della mosca con la testa storta (doppiozero.com)

di Riccardo Manzotti

Un giovane ricercatore osserva al microscopio 
il comportamento di alcuni curiosi insetti 
chiamati formicaleoni. 

Un suo amico gli chiede il motivo del suo interesse. Il primo risponde “Psicologia”. Al che il secondo replica scetticamente “Ne avranno poca!”. Con questo aneddoto che racchiude in sé molti fattori positivi e negativi della scienza contemporanea, inizia una ricerca affascinante che cerca di rispondere a una serie di domande fondamentali su di noi (e sui formicaleoni!). Il primo studente rappresenta lo sguardo innocente dello scienziato che non ha risposte preconcette.

Invece il secondo incarna lo sguardo miope della scienza conservatrice che cerca solo la conferma dei propri pregiudizi all’interno di confini disciplinari.

La scienza, però, odia i confini e, a lungo andare, come il ghiaccio dentro le rocce apparentemente più solide, espandendosi e infiltrandosi, trova il modo di spaccare i preconcetti più resistenti. A volte occorrono anni, a volte si deve aspettare la scomparsa di una generazione di studiosi, ma la bellezza della scienza è che, grazie alla “felice follia” di studiosi originali che guardano con il microscopio dove non dovrebbero, si finisce con il vedere qualcosa di nuovo.

Come ha scritto il fisico Lee Smolin, “Più sappiamo e più capiamo che tutto è molto più strano di quanto pensassimo. Non c’è niente nella natura che, scrutato abbastanza a fondo, non ci faccia sentire un sentimento di gratitudine e meraviglia”.

E questo è uno dei primi grandi pregi di Pensieri della mosca con la testa storta, appena scritto da Giorgio Vallortigara, per i tipi di Adelphi (Febbraio, 2021). E il giovane ricercatore è ovviamente lui, anni dopo impegnato a scrutare dove molti altro non guarderebbero: usare gli insetti per capire la nostra mente.

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