“Io,” aveva tuonato l’Onnipotente, “sono un Dio geloso e non sopporto di avere rivali.”
Era la seconda volta che il creatore del mondo e la guida del popolo ebraico si erano trovati uno al cospetto dell’altro, sulla cima del monte Sinai, per la consegna delle tavole della legge. Erano infatti bastati quaranta giorni dalla promulgazione dei comandamenti – che includevano il divieto d’idolatria – perché il popolo di Mosè, cedendo a una dubbiosa impazienza, si trovasse ad aprire le danze attorno a un vitello aureo.
Quando il profeta se ne accorse, di propria iniziativa frantumò le tavole, scaraventandole ai piedi del monte. Riconciliatosi con gli israeliti, Dio si avvalse del medesimo intermediario per mettere una seconda volta per iscritto la sua legge. Quella terra era assicurata al suo popolo, il quale per nessun motivo avrebbe dovuto cadere in trappole di familiarità con gli intrusi. Altrimenti avrebbe finito per mangiare carne di vacca destinata ad altri dei.
Fu proprio allora che il sovrano dell’universo, nell’additare gli amorrei, i cananei, gli ittiti, i perizziti, gli evei e i gebusei volle essere certo che, quantomeno nelle teste del popolo eletto, questi finissero confinati in una morale selettiva dichiaratamente peccatrice. E pertanto da annientare.
Fu per compiacere questa volontà divina, unitamente al desiderio di tutelare la sicurezza dei pellegrini e i luoghi sacri, a un inesorabile indebolimento dell’impero bizantino e un inevitabile interesse commerciale, che a partire dall’XI secolo la chiesa cattolica promosse una sequela di pellegrinaggi armati nel Vicino Oriente – distintisi poi come crociate – volti alla riconquista della Terrasanta dal dominio islamico … leggi tutto