Il pomeriggio del 30 maggio 1995, Lawrence Ferlinghetti imboccò via Conchetta dal lato dei Navigli.
Era la seconda volta che veniva a Milano. La prima, nel 1989, era sulle tracce della famiglia paterna, originaria del bresciano.
Questa volta invece il suo obiettivo era il libraio milanese Primo Moroni, che nel 1992 aveva riaperto lì la storica libreria Calusca, aggiungendo City Lights al nome, in omaggio all’esperienza editoriale di Ferlinghetti a San Francisco e gli aveva pure assegnato la tessera onoraria di socio numero uno. L’allora settantacinquenne poeta americano aveva in tasca solo “un indirizzo vago”, come raccontò in un taccuino di viaggio, pubblicato in Italia dal Saggiatore con il titolo Scrivendo sulla strada, ma questo non gli impedì di centrare l’obiettivo.
Fatti pochi passi, al numero 18 si trovò davanti a “un edificio sbarrato con delle assi”. “C’era una porta che sembrava chiusa, ma non lo era completamente”, scrisse in una paginetta di note su quella giornata, e “sembrava che nessuno ci vivesse o lavorasse”. Bussò a lungo, fin quando la porta si aprì “scricchiolando” e dall’interno sbucò “un occhio”.
Si presentò come Lawrence Ferlinghetti, il poeta, scrittore, editore e libraio finito in carcere per aver pubblicato l’Urlo di Allen Ginsberg, e solo allora si affacciarono “due tipi dall’aria diffidente che sembravano decisamente sulla difensiva”. Non temevano lui, capì poi, ma che arrivasse la polizia a cacciarli con la forza: dal giugno 1988, il centro sociale autogestito Cox 18 aveva già subìto un paio di sgomberi dall’edificio che dal 1976 aveva ospitato una sede anarchica, il Coordinamento dei lavoratori ospedalieri e negli anni ottanta un ristorante frequentato dal gotha del Partito socialista.
Stessa lunghezza d’onda
Appena fu chiaro che quell’anziano signore con la barba bianca ben curata e un cappello a falde larghe era davvero il fondatore della City Lights di San Francisco, altri cominciarono “ad apparire, uscendo allo scoperto, avvicinandosi a stringermi la mano e abbracciarmi”.
Tra questi c’era anche Primo Moroni. Di quell’incontro tra il padre della beat generation e “lo zio dei centri sociali”, come era stato definito Moroni (“sempre meglio che nonno”, amava ribattere con ironia), ci restano alcune immagini, quello che ha scritto lo stesso Ferlinghetti e i ricordi di chi era presente. “Quel giorno ero al lavoro alla Shake (una casa editrice di libri legati alle controculture, soprattutto psichedeliche, ciberfemministe e ciberpunk, nata tra le mura della libreria Calusca, nda), quando mi arrivò una telefonata di Primo, eccitatissimo, che diceva di correre da lui perché era arrivato Ferlinghetti”, ricorda Marco Philopat.
Lo scrittore milanese rievoca la grande emozione di quel giorno, “perché quella visita voleva dire che tutta la controcultura americana si collegava con la Calusca”. Ne fu entusiasta pure il poeta statunitense, che sul taccuino del 31 maggio, il giorno dopo, scriveva: “Dimenticate la vecchia Europa, l’Europa delle guide turistiche”. Aveva scoperto che la City Lights di San Francisco e la Calusca City Lights erano “sulla stessa lunghezza d’onda culturalmente e politicamente” … leggi tutto