Intanto, la sua serie spin-off su Dylan Dog, Il pianeta dei morti, ambientata in un possibile futuro distopico del personaggio, continua la propria corsa con albi in uscita a cadenza annuale, ai quali si è da poco affiancata la riproposta – in edizione cronologica e integrale, all’interno di una serie di pregiati volumi cartonati da libreria e fumetteria in grande formato – delle prime introvabili storie.
Proprio dal primo di questi volumi siamo partiti per una chiacchierata con Bilotta su Dylan Dog, Tiziano Sclavi, Il pianeta dei morti e il ruolo degli eroi a fumetti nella società contemporanea.
Nella serie regolare di Dylan Dog, Roberto Recchioni ha fatto uccidere Sclavi dal suo personaggio, rappresentando in modo molto esplicito l’umana necessità di dover “uccidere il proprio padre” come risoluzione di molti possibili complessi mentali (in questo caso forse più che altro editoriali). Tu invece in che modo hai dovuto uccidere il “tuo” Sclavi, per poter dare forma alle tue storie del Pianeta dei morti?
Io non provo complessi edipici, soprattutto rispetto al figlio di qualcun altro. Fondere il piano della realtà con quello della fantasia, il creatore con la creatura, porta a una strada metanarrativa. Questa è una direzione, quella che ho intrapreso io è opposta. Il pianeta dei morti nasce come altare al padre, o più precisamente alla sua opera.
La strada narrativa che trovo interessante da lettore è quella degli autori che sanno cogliere l’anima delle creature altrui e nel cogliere il vero spirito del personaggio ne perpetuano gli elementi di interesse e attualità … leggi tutto