di Aldo Cazzullo
Il libro dedicato dal figlio ad Antonio Segni contro le accuse del «colpo di Stato» all’allora presidente della Repubblica
Il libro — in uscita da Rubbettino — si intitola Il colpo di Stato del 1964. La madre di tutte le fake news. Ma potrebbe intitolarsi come un grande film con Daniel Day Lewis: Nel nome del padre. Mario Segni ha impiegato tre anni a scriverlo; ma lo pensa e lo prepara da tempo, almeno da quando sul padre Antonio — eletto presidente della Repubblica nel maggio 1962, costretto a dimettersi nel dicembre 1964 per le conseguenze di una trombosi — si è allungata l’ombra del «piano Solo», del «colpo di Stato» per mettere fuori gioco i riformisti e depotenziare il centrosinistra.
Racconta Segni che la spinta a scrivere gli venne dal quarantennale dell’assassinio di Aldo Moro. «Comparvero molti articoli, anche di giornalisti di area moderata, che a proposito della crisi del luglio 1964 riprendevano il vecchio racconto del golpe: un atto eversivo — minaccia o pressione militare — per imporre una svolta moderata. Credevo che alcuni articoli importanti, come quelli di Paolo Mieli e altri pubblicati dal Sette diretto da Pier Luigi Vercesi, avessero modificato la linea storiografica.
Vidi con stupore che era rimasta immutata. Un po’ tutti sostenevano che lo sviluppo del centrosinistra era stato interrotto da un traumatico intervento eversivo, attribuito all’arma dei carabinieri del generale De Lorenzo, e ispirato o diretto dal presidente Segni. Decisi allora di dedicarmi allo studio di quegli anni. Scoprii una cosa, prima con sorpresa, poi con rabbia: l’interpretazione passata alla storia, che ormai ricorreva anche nelle opere più recenti come quella di Miguel Gotor, non corrispondeva a un’interpretazione tendenziosa o a una forzatura. Si trattava di qualcosa di diverso: un cumulo di autentiche fandonie e falsità. Una mistificazione della realtà».
Il libro parte dall’inchiesta di Lino Jannuzzi, pubblicata il 10 maggio 1967 sull’Espresso diretto da Eugenio Scalfari. Titolo: «Complotto al Quirinale. Segni e De Lorenzo preparavano un colpo di Stato». Sostiene il figlio del presidente: «In tre pagine viene raccontata nel dettaglio la riunione tra De Lorenzo e lo stato maggiore al comando generale di Viale Romania, il 14 luglio 1964.
De Lorenzo avrebbe ricevuto da mio padre la richiesta di garantire l’ordine pubblico. Consegna quindi ai generali il piano: stato d’allarme; sorveglianza delle persone ritenute pericolose in attesa dell’arresto e della deportazione in Sardegna; prosecuzione delle esercitazioni e dello spostamento verso Roma in atto. Il racconto è dettagliatissimo e impressionante. Posso dire sin da adesso che nulla di questo racconto, assolutamente nulla è vero: la riunione non si fece né quel giorno né mai, il discorso di De Lorenzo non fu mai tenuto, non fu decretato né l’allarme né la minima misura precauzionale.
Non a caso, Saragat e Moro smentiscono nettamente. A quel punto, Scalfari chiede un intervento a Nenni. E qui si apre una delle vicende più significative. Perché Nenni, al quale viene attribuita la celebre frase sul “tintinnar di sciabole” (anche se non risulta se e dove l’abbia pronunciata), per decenni è stato fatto passare come colui che per primo aveva avvertito il pericolo.
Ebbene, Nenni ha sempre negato che vi fosse stata alcuna forma di intervento o pressione armata, e l’ha ripetuto in tutte le sedi: articoli, interventi al tribunale e commissione di inchiesta, diario. Con straordinaria abilità si è fatto credere il contrario, al punto che oggi gli storici, compreso Paul Ginsborg, lo riportano tra i colpevolisti» … leggi tutto