Gli effetti della pandemia e della Dad sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti potrebbero essere disastrosi secondo Stefano Benzoni, il neuropsichiatra autore di Figli fragili.
In questi giorni l’attenzione dell’opinione pubblica si è concentrata sul drastico incremento degli accessi dei ragazzini in Pronto Soccorso per problemi autolesivi e crisi psicologiche assortite: “Ansia e depressione tra i ragazzi dopo un anno di teledidattica” titolava venerdì scorso il Corriere della Sera. Sicuramente lo stallo del sistema scuola imposto dalla pandemia ha avuto effetti a cascata disastrosi per le famiglie, che hanno spesso comportato anche un carico gravoso all’esperienza di vita dei figli e dunque anche al loro equilibrio mentale.
Purtroppo “non è che la punta dell’iceberg di una sofferenza diffusa e insidiosa”: a sostenerlo è il dott. Stefano Benzoni, specialista in Neuropsichiatria Infantile e Psicoterapeuta, e autore di alcuni saggi importanti come Figli Fragili e L’Infanzia non è un gioco (entrambi editi da Laterza) e Partecipazione e Valutazione di esito nella Salute Mentale in età evolutiva (Erickson, 2020).
Passando dall’analisi della Trauma Culture in cui siamo immersi fino alla necessità di un “Recovery Plan for Kids”, Benzoni risponde alle domande sugli effetti a lungo termine di questa emergenza con una lucidità lontana anni luce dalla rassicurante pedagogia for dummies che svolazza nei talk show.
Ci sono due immagini legate al rapporto tra minori e pandemia che sono diventate iconiche. La prima è quella di Anita, studentessa dodicenne della media Italo Calvino di Torino che l’autunno scorso protestava contro la chiusura degli istituto portando un sedia e un banco all’aperto davanti a scuola e seguendo da lì la didattica a distanza.
La pandemia ha messo a nudo la crisi storica del sistema scuola. In quale scuola vorremmo a tutti costi far tornare i figli? In che senso la didattica nella scuola è “in presenza”? In presenza di che? Che cosa se ne fa la scuola dei corpi degli studenti? In che senso l’educazione scolastica ha anche fare con i corpi, li include, li valorizza, ne educa la conoscenza, l’espressione e la saggezza?
Purtroppo dovremmo constatare che fatta salva l’ora di educazione motoria, e il contentino anarchico dell’intervallo, la presenza del corpo degli studenti nella scuola è di norma ridotta a pratiche che tendono a neutralizzarlo (l’eterno dibattito sul dress code accettabile degli studenti delle superiori e delle divise per i bambini), a confinarlo (composti e seduti in banchi sadici) e a depersonalizzarlo … leggi tutto