Chiusure a oltranza, tra cassa integrazione (per chi ce l'ha, soprattutto quadri amministrativi) e niente contratti (soprattutto attori, tecnici, musicisti).
Aperture intermittenti e contingentate, tra attori e maestranze assoldate a progetto. Sono quasi 400 giorni che il teatro vive nell’incertezza totale, senza vedere nessuna luce in fondo al tunnel. A febbraio il ministro della Cultura Franceschini aveva annunciato la riapertura dei luoghi dello spettacolo per il 27 marzo, giornata internazionale del teatro. Il proclama sui social è rimasto tale, e così in tutta Italia da Torino a Napoli le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo sono scesi in piazza per reclamare il proprio diritto al lavoro.
A Roma l’occupazione è scattata il 14 aprile, in attesa della sentenza sull’occupazione del Nuovo Cinema Palazzo. Il Globe Theatre, quello che era il palcoscenico di Gigi Proietti, è stato invaso da diversi collettivi romani e nazionali, tra cui Autorganizzat_ Spettacolo Roma, Clap – Camere del lavoro autonomo e precario, il Campo innocente, in quanto “simbolico per la città, per la sua architettura elisabettiana e per il personaggio che rappresenta, che ci ha lasciato poco tempo fa”, per rivendicare la “tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo”, come è stato raccontato durante la conferenza stampa.
Ma nelle settimane precedenti erano scattate altre occupazioni: a Napoli il Coordinamento arte e spettacolo della Campania insieme agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Napoli hanno occupato esternamente il Mercadante.
Il regista Marco Cacciola è una delle voci del Coordinamento spettacolo Lombardia, che lo scorso 27 marzo ha occupato il Piccolo Teatro di Milano, il primo teatro pubblico d’Italia fondato da Giorgio Strehler e Paolo Grassi dopo la Seconda guerra mondiale per creare un teatro d’arte per tutti. E il Piccolo – o meglio, il chiostro Nina Vinchi – è ritornato il palcoscenico della ripartenza culturale. “Noi non siamo qui per chiedere di riaprire e di ripartire.
Noi vogliamo che ci sia una progettazione di riapertura, che non sia legata a semplici proclami, come dice l’assessore Del Corno, senza che questa riapertura sia ‘progettata, condivisa e non reversibile’, perché i luoghi della cultura non possono più permettersi di aprire e chiudere in base ai cambi di colore delle regioni. Gli altri paesi stanno ragionando su questo: avere una data che va preparata. La politica ha tutti i materiali per fare sintesi delle richieste che sono pervenute da tutte le realtà coinvolte, ora spetta alla politica fare qualcosa”, racconta Cacciola.
I punti centrali della proposta del Coordinamento spettacolo Lombardia, frutto di un confronto settimanale con i coordinamenti regionali e con tutte le maestranze coinvolte a livello nazionale, sono fondamentalmente quattro … leggi tutto