Quando tutto il paesaggio e ogni spazio sono stati colonizzati e sfruttati,
il sistema capitalista ha inventato l’espansione illimitata del cyberspazio (spazio virtuale), per avere ancora un futuro da conquistare, con nuovi territori da mettere a frutto. E questi territori sono diventati monetizzabili anche grazie all’introduzione del cybertempo – cioè il tempo della mente, della percezione e del vissuto umani – , nonostante la mente umana abbia limiti organici, emozionali e culturali. La razza umana ora è da un lato sottoposta all’accelerazione continua dell’info-stimolo e dall’altro indotta a una forma di desensibilizzazione.
Così le attuali generazioni e le prossime faranno molta fatica a comprendere empaticamente l’altro e a utilizzare la comprensione intuitiva nell’interpretazione dei segni non verbali. Come si farà a comprendere i messaggi ambigui inseriti in un contesto di relazione senza attingere a un flusso empatico?
Se il cybertempo, ovvero la capacità di elaborazione mentale nel tempo, è frenato dai limiti della mente umana, il cyberspazio invece è potenzialmente illimitato e si espande attraverso innumerevoli emittenti, dove utenti e programmi sono connessi fra loro attraverso internet e i sistemi della telefonia sempre più ipertecnologizzati e veloci.
Alla luce di questi accadimenti e realtà in atto, come può un artista contemporaneo rapportarsi al paesaggio (e quindi a parti dello spazio) con il medium fotografico, senza che la sua azione risulti un ingenuo e anacronistico gesto di natura nostalgica o reazionaria, che lo ha indotto ancora a ridurre una porzione di territorio entro una forma bidimensionale, poi stampata su carta ed esposta in una mostra? … leggi tutto