Nel generale e radicale rimescolamento di comportamenti, abitudini, consumi culturali che sta accompagnando la pandemia, cosa accade al libro e alla lettura?
Circolano dati molto rassicuranti che forse hanno il limite di paragonare le vendite delle ultime settimane a quelle di un anno fa, quando le librerie erano chiuse.
Ma anche a sfogliare il Libro bianco pubblicato dal Centro per il libro e la lettura si scoprono reazioni non proprio ovvie: sintetizzando una ricerca molto ampia e piena di sfumature, si può dire che la propensione alla lettura ha resistito alla seduzione di altre forme di narrazione che hanno invaso le nostre vite nell’anno pandemico.
A essere un po’ più rigorosi, mentre a maggio 2020 i ricercatori incontravano italiani “con poco tempo da dedicare alla lettura di libri in giornate passate a seguire le mille notizie che ossessivamente tv, siti internet di informazione e social network riversavano su cittadini comprensibilmente attoniti”, a ottobre i dati sembrano diversi e “tutte le dimensioni della lettura crescono”.
La lettura è un potente sismografo individuale e collettivo. Si legge perché si cerca qualcosa (un’informazione, un’esperienza, un’emozione), ma si legge se si è in condizioni di farlo, dal punto di vista delle possibilità, delle competenze e di qualcosa di più inafferrabile e decisivo: uno stato d’animo, una particolare e delicata costellazione di desideri.
La resistenza dello spazio della lettura sembra dunque mostrare che il libro è ancora capace di rappresentare una forma seducente di evasione, dimensione di cui abbiamo un disperato bisogno nelle giornate schiacciate dall’angoscia della pandemia. Ma forse anche che al libro e alla lettura affidiamo una delle poche possibilità di far emergere le domande più profonde che una esperienza collettiva così traumatica non può non suscitare … leggi tutto