"Ma i volti invecchiati degli arrestati ci guardano da un altro secolo". Intervista allo storico e saggista
Miguel Gotor, storico e saggista, docente di Storia Moderna all’università di Torino, è stato senatore del Pd nel 2013 per poi contribuire alla fondazione di Articolo Uno.
“Non ci può essere riconciliazione senza verità” ha detto la ministra Cartabia. Significa che il presupposto per chiudere quella pagina è l’accertamento delle responsabilità degli ex terroristi – a cui ha finalmente acconsentito anche la Francia – e solo dopo si potrà valutare la concessione di benefici di legge e altre circostanze. Quindi: non vendetta ma giustizia. Condivide?
Senza dubbio si prova a rimarginare una ferita. È stato ristabilito un principio necessario al buon funzionamento di una società: chi ha ucciso, per qualsiasi motivo lo abbia fatto, non può e non deve sfuggire alla giustizia. Una giustizia che non deve presentarsi in termini di vendetta, ma di risarcimento e di riparazione. Questo lo si deve anzitutto alle vittime, ma anche a un’intera comunità nazionale, a quei milioni di cittadini che hanno vissuto quegli anni lontani e vedono oggi l’applicazione e il rispetto di sentenze emanate in nome del popolo italiano, quindi in loro nome.
Poi certo, c’è l’evidente problema di filosofia morale e giuridica di quanto questa giustizia sia stata somministrata in ritardo. Un dato di fatto, che riguarda anche lo stragismo neofascista – penso all’attentato di Brescia del 1974 – che induce a chiedersi che tipo di giustizia sia tanto tardiva e in che misura sia anche la manifestazione di una patologia.
E lo è, una giustizia in qualche modo patologica? I legali degli ex terroristi parlano di “vendetta tardiva di Stato”. Adriano Sofri si chiede polemicamente “adesso cosa ve ne fate”.
Certamente gli uomini e le donne arrestati ieri sono diventati in questi 40 anni e oltre persone diverse da quelle che erano quando hanno commesso i reati per i quali oggi vengono puniti. L’ha detto bene Mario Calabresi, il figlio del commissario Luigi assassinato nel 1972, per il cui omicidio è stato condannato come mandante il dirigente di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani: «Non provo alcuna soddisfazione nel vedere una persona vecchia e malata in carcere dopo così tanto tempo».
D’altra parte è pur vera un’altra cosa: questa giustizia arriva così tardi perché gli arrestati di oggi si sono volontariamente sottratti alla pena che era stata loro comminata. E lo hanno fatto coltivando la speranza di sfuggire per sempre alla giustizia oppure di doverla subire non a 30 o 40 anni di età, ma a 70 o a 80.
Questa differenza conta, hanno cioè avuto il privilegio di esercitare una scelta – vivere una vita e potersela rifare – che alle loro vittime hanno tolto per sempre. Non dovremmo dimenticarlo … leggi tutto