Rudolf Hess nel tranello inglese. Attirato in Scozia da lettere false (corriere.it)

di Paolo Valentino

Documenti desecretati svelano i retroscena 
della fuga del gerarca nazista, 

che durante la guerra volò in Gran Bretagna perché i servizi segreti britannici lo avevano ingannato

La più celebre fuga della Seconda guerra mondiale fu il frutto di un lavoro di disinformazione dei servizi segreti britannici. E quella che abbiamo sempre creduto essere stata l’iniziativa personale di un nazista tormentato, in realtà fu una trappola ben riuscita, che si tradusse in un importante successo tattico per la Gran Bretagna ed ebbe anche conseguenze pratiche sull’andamento del conflitto. La sera del 10 maggio 1941 un cacciabombardiere Bf 110, con il serbatoio di riserva anch’esso pieno di carburante, prese il volo dalla pista di collaudo della fabbrica di aerei Messerschmitt Ag di Haunstetten, in Baviera, in direzione nord-ovest. Alla guida del velivolo della Luftwaffe era Rudolf Hess, numero due del regime nazista e delfino designato di Hitler.

Intorno alle 23 ora locale, mentre si trovava sul cielo della Scozia, Hess azionò il seggiolino eiettabile e venne proiettato nel vuoto. Fu il primo e ultimo lancio col paracadute della sua vita. Mezz’ora dopo, la Home Guard britannica lo arrestò, prendendolo in consegna da una coppia di contadini scozzesi che lo aveva scoperto e catturato nel proprio cortile.

A Berlino, ci vollero ventiquattr’ore prima di capire cos’era successo e il doppio per confezionare una verità ufficiale. Finalmente, il 12 maggio, la radio del regime lesse un comunicato del quartier generale di Hitler, secondo il quale Hess era volato verso l’Inghilterra e probabilmente era caduto, vittima di un incidente. Il testo parlava di «crollo mentale», il vice del Führer sarebbe stato vittima di un delirio di grandezza. Il giorno dopo però, ci aveva pensato la Bbc a mettere le cose in chiaro: Hess non era precipitato, era vivo e vegeto e si trovava in custodia delle autorità britanniche.

L’annuncio stuzzicò la graffiante ironia dei berlinesi, alimentando barzellette e battute, clandestine naturalmente, perché si rischiava la galera: «Secondo Radio Londra, questa notte non si segnalano altri voli di ministri tedeschi».

Hitler aveva ricevuto la notizia la mattina dell’11 maggio nel Nido dell’Aquila, la sua residenza sul Berghof, nelle Alpi bavaresi: due aiutanti di Hess, gli ufficiali Karlheinz Pintsch e Alfred Leitgen, gli avevano consegnato personalmente una busta sigillata con una lettera autografa del loro capo. Quando la lesse, il Führer ebbe un attacco di rabbia. Ordinò che i due malcapitati fossero arrestati e spediti nel campo di concentramento di Sachsenhausen, dove sarebbero rimasti fino al 1944. Poi, insieme a Martin Bormann, Hitler aveva trascorso ore e ore a «formulare una motivazione plausibile del volo di Hess in Inghilterra», come ha raccontato nelle sue memorie Christa Schröder, la sua segretaria.

Ma che cos’era successo? E cosa diceva Hess al suo Führer nella lettera? Rudolf Hess non era solo un gerarca nazista. Era il più devoto dei compagni d’arme della prima ora, un autentico fanatico del culto di Hitler, che a lui aveva dettato il Mein Kampf nella prigione di Landsberg, dopo il fallito putsch di Monaco del novembre 1923. Salito al potere, Hitler gli aveva affidato la gestione del partito … leggi tutto

(Rudolf Walter Richard Hess)

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