“Loggia massonica segreta Ungheria”: cosa sappiamo della vicenda che sta scuotendo la magistratura italiana (valigiablu.it)

di Andrea Zitelli

Nelle ultime settimane, le notizie sulla presunta 
"loggia Ungheria" hanno portato sotto la luce dei 
riflettori dell'opinione pubblica vicende finora 
in chiaroscuro 

– tra segreti e rivelazioni – che vedono tra i protagonisti magistrati, uomini delle istituzioni e diversi faccendieri. Abbiamo ricostruito la storia sin dall’inizio, per cercare di fare ordine e capire esattamente di cosa stiamo parlando e la sua portata.

Per farlo bisogna iniziare dalla figura dell’avvocato siciliano Piero Amara, da cui è arrivata la testimonianza dell’esistenza di questa “loggia segreta Ungheria” che coinvolgerebbe diversi magistrati e svariate figure istituzionali e che sarebbe in grado di condizionare nomine di potere e affari. Amara è da anni al centro di inchieste giudiziarie, giornalistiche e processi. Nel 2017 l’Espresso lo definisce “l’uomo dei dossier e dei depistaggi”, con “uno studio con sede nella Capitale e a Dubai”, e con ruolo cardine in un “sistema di relazioni tra consiglieri di Stato e aziende che partecipano ad appalti milionari”.

L’anno successivo viene arrestato insieme ad altre 14 persone in un’operazione congiunta tra la Procura di Roma e quella di Messina per due associazioni a delinquere dedite alla frode fiscale, reati contro la pubblica amministrazione e corruzione in atti giudiziari.

I casi riguardano sentenze pilotate al Consiglio di Stato e il cosiddetto “Sistema Siracusa” in cui Giancarlo Longo, ex pubblico ministero della città siciliana, secondo le indagini, per anni aveva messo a disposizione la sua funzione giudiziale, in cambio di soldi, per tentare di inquinare i processi dei colleghi magistrati e favorire i clienti degli avvocati coinvolti.

Longo ha patteggiato successivamente cinque anni di carcere, le dimissioni dalla magistratura e l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici ed è stato condannato dalla Corte dei Conti a pagare duecentomila euro per il disservizio e centomila euro per il danno di immagine al ministero della Giustizia (l’avvocato di Longo ha presentato appello contro questa decisione).

Tra i procedimenti finiti nel “sistema Siracusa” risulterebbe anche quello della Procura di Milano sulla presunta corruzione internazionale da parte di Eni e Shell riguardante un blocco petrolifero in Nigeria (nel processo gli imputati sono stati assolti in primo grado). Nel 2015-2016 su input di Amara, all’epoca legale esterno dell’Eni, Longo avrebbe “messo su un’indagine, priva di qualunque fondamento, su un presunto e rivelatosi falso piano di destabilizzazione della società del cane a sei zampe e del suo ad Claudio Descalzi” con lo scopo, secondo gli inquirenti, di intralciare l’inchiesta della Procura di Milano, ricostruiscono i media leggi tutto

(Tingey Injury Law Firm)

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