di Sophie Huet, Afp, Francia (Traduzione di Andrea Sparacino)
La pandemia di covid-19 ha attaccato in maniera insidiosa il mondo del giornalismo.
Dall’inizio del 2020 è stato un susseguirsi di eventi annullati, di accessi vietati o limitati, di conferenze stampa virtuali e di telelavoro entrati nella quotidianità delle redazioni.
Le restrizioni sanitarie, pur comprensibili, hanno stravolto l’esercizio del nostro mestiere. È possibile che in alcuni casi siano state eccessive e usate come pretesto per tenere lontani i mezzi d’informazione? Il dubbio è legittimo.
In occasione della giornata mondiale della libertà di stampa, il 3 maggio, è emersa una preoccupazione: riusciremo a recuperare il pieno accesso agli eventi che raccontavamo prima della pandemia? Oppure la libertà e il pluralismo dell’informazione cadranno vittime del covid-19?
Informazione a porte chiuse
In quest’anno si sono moltiplicati gli eventi chiusi ai mezzi d’informazione: gli organizzatori ormai forniscono ai reporter solo qualche comunicato e qualche immagine, le cosiddette cartelle stampa. Niente domande, niente contatti diretti, bensì una forma di comunicazione estremamente filtrata che lascia l’amaro in bocca per la mancanza di trasparenza.
In Germania “alcuni eventi politici si trasformano in spettacoli, con la diffusione di interminabili filmati autocelebrativi senza domande del pubblico o dei mezzi d’informazione”, sottolinea il direttore della redazione berlinese dell’Afp Yacine Le Forestier. Un altro esempio: quando alla fine del 2020 alcuni ministri francesi hanno visitato l’Algeria, l’Afp non ha avuto alcun accesso all’evento. Come giustificazione è stata invocata la pandemia, e tutto si è concluso con un comunicato ufficiale senza immagini.
Lo sport, che si sta lentamente riprendendo dopo mesi di blocco, non è stato risparmiato. “Le nostre troupe non hanno più accesso alla quasi totalità dei grandi eventi sportivi: giochi olimpici, campionati di calcio europei, Champions league, Sei nazioni”, spiega Guillaume Rollin, caporedattore della sezione video-sport.
Prodotti identici
Già diffusa nel settore prima del covid-19, la pratica del pool permette di affidare la copertura di una notizia a un numero ridotto di giornalisti che si alternano e condividono la loro produzione con le altre redazioni. È un sistema in vigore da tempo alla Casa Bianca per seguire gli spostamenti del presidente. La conseguenza è che tutte le testate diffondono un prodotto identico, realizzato da un unico giornalista e dunque privo della ricchezza di punti di vista diversi.
“Con la pandemia l’uso dei pool è diventato la norma”, spiega Stéphane Arnaud, caporedattore della sezione fotografica. In video “è diventato problematico fare interviste a chi parla in pubblico” e spesso è disponibile solo una telecamera autorizzata, sottolinea con rammarico Mehdi Lebouachera, caporedattore della sezione video. “Nel migliore dei casi il contenuto è uniformato per tutti i mezzi d’informazione. Nel peggiore, viene data la priorità ad alcune testate selezionate”.
Negli Stati Uniti le restrizioni sanitarie hanno avuto come principale conseguenza la limitazione delle interviste a Joe Biden durante la campagna elettorale. “Tutti gli eventi sono stati coperti da un pool, compresi i comizi della campagna elettorale che in ogni caso sono stati di piccole dimensioni”, spiega Hervé Rouach, caporedattore per l’America del nord … leggi tutto