“Come siamo arrivati fin qui?”
Con questa domanda si apre Can’t get you out of my head, la nuova serie realizzata da Adam Curtis per BBC e uscita lo scorso febbraio. Quali sono le forze che in Occidente e in altri vecchi imperi – Russia e Cina – hanno portato a una paralisi da cui fatichiamo a uscire, causata da un sistema globale che sembra fuori controllo?
Com’è possibile ritrovarsi in società così polarizzate, attraversate da disuguaglianze così ampie e pervase da una sfiducia enorme nei confronti delle classi dominanti? Curtis risponde con un racconto di otto ore fatto d’immagini d’archivio tenute insieme da una voce narrante incantatrice – la sua – a comporre una “storia emotiva” della modernità dal dopoguerra a oggi.
L’idea centrale della serie è semplice: nell’epoca dell’individualismo, quando le grandi narrazioni collettive si polverizzano, al centro c’è il singolo e la sua capacità di plasmare il mondo attraverso i propri desideri. Eppure, nemmeno gli individui atomizzati riescono a fare a meno di creare storie per trovare un senso al mondo ed imporlo agli altri. La serie si sviluppa su questo paradosso apparente: sebbene il soggetto moderno voglia smarcarsi dalla potenza delle grandi narrazioni che avviluppavano i singoli nelle maglie di una vita corale, l’unico modo che ha per stare al mondo è, ancora, l’inventarsi delle storie, che il più delle volte non sono inedite, ma profondamente intrecciate alle strutture di potere del passato.
Per andare a fondo di questo paradosso, Curtis percorre l’esistenza di alcuni individui del secolo scorso che con i loro desideri volevano cambiare il mondo. Jiang Qing, la moglie di Mao, credeva ciecamente soltanto nella propria ambizione; una volta arrivata ai vertici della Cina comunista, per prima cosa decise di usare il suo potere per annientare le vecchie conoscenze che avevano infranto i suoi sogni giovanili di diventare un’attrice di cinema.
Tupac Shakur, figlio di una donna attiva nelle Black Panthers, iniziò a rappare per mettere in musica i sogni di emancipazione della madre, prima di venire inghiottito dal proprio ego e contribuire ad alimentare una violenza tra gruppi nella comunità afroamericana, dimenticandosi di chi fossero gli autentici oppressori. Eduard Limonov, scrittore russo già raccontato da Emmanuel Carrère, fondò il partito nazionalbolscevico come una forza fascio-comunista di opposizione al vuoto ideologico rappresentato da Putin, si fece sedurre dalle storie di antica potenza di Karadzic in Serbia e finì a sparare sui palazzi di Sarajevo.
Insieme alla loro esistenza, Curtis ripercorre la traiettoria di altre vite come un paradigma dell’irrazionalità che a partire dagli anni ’70-’80 del Novecento sembra guidare il sistema politico ed economico … leggi tutto