IL LUNGO INVERNO CALABRESE RISCALDATO DALLA CAPITALE DEL LIBRO (rivistailmulino.it)

di Nicola Fiorita

Accade che Vibo Valentia – provincia tra le più 
arretrate del Paese – venga proclamata «capitale 
del libro 2021» e che questa notizia faccia 
irrompere nel dibattito pubblico un’altra 
visione della Calabria

Il lungo inverno politico, amministrativo e sociale della Calabria sembra ormai aver addomesticato anche gli ultimi aneliti di quel ribellismo che, in un modo o nell’altro, ha attraversato la storia di quella terra. Da quasi sette mesi – e per almeno altri cinque ancora – la Calabria, orfana del suo presidente di Regione, è guidata da un vicepresidente facente funzioni, non eletto, che si è distinto soltanto per improvvide dichiarazioni sui «froci» e per una lunga crociata contro l’apertura delle scuole; la sanità, pur in tempo di pandemia, è commissariata in tutti i suoi livelli e ha subito clamorosi avvicendamenti al vertice, a seguito di inefficienze conclamate e sbandierate in diretta televisiva; la Regione, infine, continua lentamente a spopolarsi e anche in questo anno così speciale ha perso – come accade da anni – qualche migliaio di abitanti, per lo più giovani e laureati.

In questo contesto, per l’appunto, sembra prevalere la rassegnazione e la tacita accettazione di quella rappresentazione scenica che rende la Calabria al tempo stesso un enorme stereotipo e un set cinematografico utile per raccontare l’infinita storia dei buoni e dei cattivi.

Prevale di norma la rassegnazione e la tacita accettazione di quella rappresentazione scenica che rende la Calabria un set cinematografico utile per raccontare l’infinita storia dei buoni e dei cattivi

L’immagine della Calabria intesa come luogo sospeso tra barbarie e modernità, tutta sole, mare, maschilismo, ’ndrangheta, non finito, familismo amorale e tarantella, terra bellissima e irredimibile, si solidifica anche grazie al concorso dei calabresi stessi, se è vero, come è vero, che la giunta regionale ha commissionato e pagato a Gabriele Muccino un cortometraggio che eleva a opera d’arte quella rappresentazione.

Ma soprattutto i media locali concorrono spontaneamente, e non senza alcune macroscopiche contraddizioni, alla spettacolarizzazione del processo e alla sua configurazione come il nuovo grande maxi-processo del Paese, il sequel calabrese di quella stagione palermitana invero irrepetibile nel bene e nel male.

Nella retorica che ha preceduto la celebrazione delle prime udienze, che vanno svolgendosi nella nuova aula bunker appositamente costruita a Lamezia Terme nell’ex area votata a uno sviluppo industriale mai arrivato, è palese l’intenzione di rappresentare la Calabria, e in particolare la provincia di Vibo Valentia, come il teatro di una vera e propria guerra civile dove le forze del male, i clan mafiosi supportati da magistrati, politici e giornalisti corrotti e da una borghesia delle professioni connivente e pavida, devono essere sconfitte con ogni mezzo necessario dal popolo e dai suoi condottieri senza macchia e senza paura … leggi tutto

(Tom Hermans)

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