di Anna Toniolo
Dopo l'escalation militare durata 11 giorni tra Israele e Hamas sulla Striscia di Gaza,
che ha portato alla morte di più di 250 palestinesi e 13 israeliani, si è giunti a un accordo mediato dall’Egitto.
Ma il cessate il fuoco temporaneo non ha posto fine al regime di apartheid e occupazione di Israele nei confronti del popolo palestinese, né ha impedito la possibilità di futuri attacchi israeliani, poiché la questione palestinese è più viva che mai.
La narrazione mediatica dell’ultima escalation di violenza tra Israele e Palestina ha focalizzato l’attenzione soprattutto sullo scontro tra Israele e Hamas, lasciando nell’ombra una serie di attori che, invece, è fondamentale considerare per comprendere le dinamiche degli scontri e delle azioni volte alla sopravvivenza messe in atto dalla popolazione palestinese. Tra questi non si può non considerare l’azione di uomini e donne della cosiddetta diaspora palestinese che in molti paesi del mondo lottano ogni giorno per conservare l’identità di un popolo oppresso e per fare pressione sulla classe politica dei paesi di nuova appartenenza.
Sin dal 1948, anno della fondazione di Israele, i palestinesi sono stati costretti all’esodo e uno dei paradossi alla base della questione palestinese è rappresentato dal fatto che la creazione di Israele era intesa a creare un “posto sicuro” per la diaspora ebraica di tutto il mondo, ma questa ha segnato l’immediata diaspora della popolazione palestinese stessa.
La Nakba, o catastrofe, del 1948 ha creato quella che oggi è l’emergenza profughi più duratura al mondo, con l’allestimento di campi in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza, in Libano, in Giordania e in Siria che accoglievano, e tutt’ora accolgono, i palestinesi espulsi dal proprio luogo d’origine.
Negli anni, infatti, i campi sono diventati permanenti e man mano che le famiglie si espandono, i campi sono soggetti a sovrappopolamento e sovraffollamento.
Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) i rifugiati palestinesi registrati in Libano sono circa 475mila. Vari governi libanesi hanno definito i palestinesi come stranieri, rifugiati o apolidi, anche se molti sono nati in Libano, come Melad Amir Salameh, giovane palestinese figlio della diaspora e nato nel campo di Nahr al-Bared … leggi tutto