Toy Stories. Un secolo di giocattoli nelle pubblicità americane (artribune.com)

di  Ferruccio Giromini

UN VOLUME TASCHEN RACCONTA, 

AMMONTICCHIANDO LA CONSUETA MINIERA SFAVILLANTE D’IMMAGINI, UN PEZZO DI STORIA DELLA PUBBLICITÀ CHE È ANCHE STORIA DELL’IMMAGINE, DEL DESIGN, DEL COSTUME.

La storia della pubblicità dei giocattoli negli Stati Uniti, documentata lungo tutto il Novecento, diventa inevitabilmente una cavalcata densa di suggestioni e ricordi, e qualcosa in più di una semplice storia del giocattolo, per le sue implicazioni col linguaggio della comunicazione sociale (e commerciale, dove, non dimentichiamo, è ovvia la mancanza di intenti pedagogici: la finalità è vendere).

Il Novecento si inaugura col passaggio tra i giocattoli di realizzazione artigianale e i primi di produzione industriale, con gli USA che entrano prepotentemente in concorrenza con il Vecchio Continente. È un fenomeno che si sviluppa nel passaggio dalla vita rurale a quella cittadina, di cui i primi segnali sono i trenini, alcuni già elettrici, e il fortunato gioco di costruzioni Meccano.

Tra gli imitatori di quest’ultimo primeggiava Erector (poi assorbito dallo stesso Meccano), che nel 1913 si era specializzato nella costruzione di grattacieli in miniatura, esemplificando lo stretto legame dei nuovi giochi con i progressi tecnologici. Così era per i cosiddetti compositi Tinker Toys, diffusisi in coda alla Seconda Rivoluzione Industriale, o anche per le biglie (di marmo, terracotta, vetro), altri prodotti del sentimento innovativo del tempo.

E naturalmente, in una nazione dove si è sempre girato armati, per i maschietti imperavano anche i fucili in miniatura, normalmente ad aria compressa ma pure con proiettili veri e perfino uno provvisto di baionetta … leggi tutto

(Susan Holt Simpson)

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