Le galline allevate in gabbia diventano protagoniste di un romanzo, ed è uno spasso (dissapore.com)

di DARIO DE MARCO

"Capannone n.8" riesce a parlare di un argomento 
difficile e pesante con una storia avventurosa 
e divertente: 

le galline ingabbiate di un allevamento industriale diventano il soggetto di un romanzo squisito.

Per carità, nessuno di loro ha scelto l’allevamento perché odia le galline. Cosa credete? Sono le uova, le uova!, prodotte in quantità tali che se non venissero al lavoro succederebbe il finimondo. Un tempo mangiavamo uova giusto due o tre volte all’anno, ma adesso sono ovunque: escono dagli allevamenti nazionali a un ritmo allarmante, settantacinque miliardi all’anno. I cittadini devono mangiarne il più possibile.

È un dovere patriottico. Dobbiamo infilarle in tutti i pasti, in tutte le pastelle, in tutti gli impasti, in tutti i pani, in tutte le creme e le salse, nelle colazioni, sopra o sotto la carne, nei panini, in un modo o nell’altro in tutti gli snack, nelle barrette energetiche e nella cioccolata. Ma non sarà comunque abbastanza. Ci saranno comunque altre uova, si accumuleranno sui nastri, usciranno dagli allevamenti, si ammucchieranno sugli scaffali dei supermercati, nei frigoriferi, ancora, ancora e ancora.

Allevatori e attivisti, ma soprattutto allevamenti e galline, sono i protagonisti di questo funambolico e spassosissimo romanzo, Capannone n.8, scritto da Deb Olin Unferth (e uscito per Sur nella traduzione di Silvia Manzio). Un momento, hai detto spassosissimo? Com’è possibile che un aggettivo del genere si adatti a un argomento come quello degli allevamenti industriali di galline ovaiole?

Il tema è pesante da qualsiasi lato lo si guardi, qualunque sia il vostro punto di vista. Se siete dei consumatori attenti e informati sulle differenze tra galline allevate a terra, in gabbia, all’aperto o in fattorie “come una volta”; o ancora peggio se siete degli animalisti sensibili e impegnati; avvertirete tutta la serietà della questione.

Se d’altra parte siete di quelli che non si sono mai posti il problema, o che pur essendoselo posto ritengono comunque prioritaria la possibilità di consumare proteine a basso costo, be’ allora ne avrete le scatole piene di tutti sti discorsi, di questo attivismo da social network, moralista e bacchettone … leggi tutto

(William Moreland)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *