L’Unione europea nel suo complesso è impegnata a lasciare fuori dai suoi confini i rifugiati, attraverso accordi con i paesi vicini.
L’Italia poi rivendica una più equa distribuzione dei migranti tra gli stati membri. Ma la richiesta non ha basi reali.
Accordi con leader discutibili
L’Unione europea, sotto la spinta determinante del governo tedesco, si appresta a rinnovare l’accordo con la Turchia per confermare ad Ankara il compito di fermare il passaggio dei profughi, ospitandoli sul suo territorio. Si parla di 9 miliardi di euro. Ma non solo: di fatto le cancellerie europee hanno messo la sordina alle critiche al crescente autoritarismo del leader turco Erdogan.
Basta che questi accenni ad allentare la morsa che blocca i transiti per ottenere immediato ascolto a Bruxelles, come è già avvenuto in questi anni. La prospettiva di una recrudescenza del conflitto in Afghanistan e di nuovi ingenti flussi di profughi lungo la rotta terrestre rende la rinnovata collaborazione con la Turchia, dal punto di vista dei governi dell’Ue, ancora più strategica.
Incapaci di trovare un accordo per una riforma della politica dell’asilo, i governi europei investono sull’esternalizzazione delle frontiere: ossia sulla mobilitazione dei paesi che attorniano i confini dell’Ue per scaricare su di loro l’ingrato compito di fermare i transiti e, eventualmente, di assistere chi fugge dal suo paese in cerca di scampo.
Con un gioco di equilibrismo che molti definiscono ipocrisia, l’Ue può continuare a proclamarsi protettrice dei diritti umani universali, dopo essersi però assicurata che chi potrebbe reclamarli non riesca ad arrivare sul proprio territorio.
I dati dell’Unhcr
Dovremmo domandarci però se è proprio vero che l’Ue è assediata da massicci ingressi di profughi. Nei giorni scorsi è uscito il rapporto annuale dell’Unhcr (l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), che fornisce i dati sul fenomeno relativi al 2020. Se ne ricava che gli oltre 34 milioni di rifugiati internazionali e richiedenti asilo sono accolti per l’86 per cento in paesi in via di sviluppo, in sette casi su dieci quelli confinanti.
Quasi sette milioni sono accolti in paesi poverissimi, come Uganda, Ciad, Sudan, Bangladesh. L’Unione europea ne accoglie forse il 12 per cento … leggi tutto