Le violenze della polizia penitenziaria contro i detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere non sono un’anomalia:
sono il sistema. Il carcere è un’architettura della sofferenza, un principio organizzativo dello spazio concepito per piegare e annichilire i corpi. Quello che è successo nell’istituto campano mostra come questo principio possa essere diffuso, tollerato e difeso a ogni livello dall’amministrazione penitenziaria, fino ad arrivare al ministero della giustizia.
Al livello più basso c’è l’agente di polizia penitenziaria che il 6 aprile 2020 insieme a circa trecento colleghi è entrato nella casa circondariale Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere. Il giorno prima i detenuti avevano protestato per chiedere dispositivi di protezione contro il coronavirus, così come avevano fatto nelle settimane precedenti migliaia di altre persone chiuse nelle carceri di tutta l’Italia. Nel marzo 2020, in piena pandemia, c’erano state decine di rivolte e quattordici persone erano morte: tutte per overdose da metadone e farmaci rubati nelle infermerie assaltate, secondo le autorità.
Il 6 aprile a Santa Maria Capua Vetere la situazione sembrava più tranquilla. Ma l’agente di polizia penitenziaria è entrato con un’intenzione precisa: “Li abbattiamo come vitelli”, ha detto a un collega. Le chat telefoniche trascritte negli atti dell’inchiesta sono piene di frasi del genere: “Domate il bestiame”, “quattro ore di inferno per loro”, “abbiamo fatto tabula rasa”.
Dai video delle telecamere di sicurezza che gli agenti non hanno saputo o voluto staccare, e che la procura ha visto, emerge “chiaramente un uso massiccio e indiscriminato, del tutto ingiustificato, di ogni sorta di violenza fisica e morale ai danni dei detenuti”. Secondo il giudice per le indagini preliminari (Gip) i pestaggi “sono stati accuratamente pianificati e svolti con modalità tali da impedire ai detenuti di riconoscere i propri aggressori”. Anche il video pubblicato dal quotidiano Domani conferma la brutalità di quello che è avvenuto.
Al secondo livello ci sono quei funzionari che avrebbero cercato di coprire le violenze con prove false e relazioni scritte per dimostrare che il 6 aprile la reazione delle forze dell’ordine era stata provocata dai detenuti. Tra gli indagati ci sono anche due comandanti della penitenziaria e il provveditore delle carceri della Campania … leggi tutto