Ex Ilva, un sistema che costringe i cittadini a scegliere fra lavoro e salute (valigiablu.it)

di Angelo Romano

Il 4 novembre rischia di essere ricordato a Taranto come un nuovo 26 luglio. Date che restano impresse nella memoria collettiva, punti critici, prima e dopo i quali nulla resta come prima. 

Il 26 luglio 2012 è il giorno in cui la Gip Patrizia Todisco firma l’ordinanza di sequestro senza facoltà d’uso di tutti gli impianti dell’area a caldo dell’Ilva segnando di fatto la fine della gestione della famiglia Riva e avviando una fase politica, industriale e sociale incerta, fragile e conflittuale (come scrive lo storico Salvatore Romeo nel suo libro Acciaio in fumo) che dopo 6 anni ha portato alla cessione dell’Ilva alla multinazionale ArcelorMIttal. 

Il 4 novembre è il giorno in cui è esploso il groviglio di nodi inestricati che avrebbero dovuto essere sciolti negli ultimi 25 anni e che invece si è lasciato che si aggrovigliassero e aggrovigliassero nel tempo.

La mattina del 4 novembre 2019 i diecimila dipendenti dell’ArcelorMittal Italia hanno ricevuto un’email dall’amministratrice delegata Lucia Morselli che li informava che entro 30 giorni l’azienda avrebbe lasciato Taranto, restituito lo stabilimento ai commissari straordinari nominati dal governo e avviato il “piano di ordinata sospensione di tutte le attività produttive, a cominciare dall’area a caldo”, mettendo in apprensione e fibrillazione operai, governo, partiti politici, sindacati e riaccendendo una volta di più gli interrogativi su cosa fare della fabbrica che hanno lacerato la città intorno al dilemma lavoro-salute … leggi tutto

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