Ripresa e ostacoli: la tenuta del sistema Italia (corriere.it)

di Dario Di Vico

Facciamo affidamento su quattro potenti 
fattori/soggetti: la casa, la famiglia, 
la manifattura e il terzo settore. 

Sono quattro risorse tipiche del Dna italiano e sono catalogabili come energie e valori della terra

Penso che la tenuta della società italiana nella drammatica stagione della pandemia sia dovuta in sintesi a quattro potenti fattori/soggetti: la casa, la famiglia, la manifattura e il terzo settore. Sono quattro risorse tipiche del Dna italiano e sono catalogabili come energie e valori della terra. La cultura della casa ha generato sicurezza nei mesi dell’isolamento, l’ha vista ridiventare centro di interesse, ha saputo metabolizzare l’imprevisto avvento dello smart working, ci ha spinto persino a imparare a comprare le lavatrici con l’e-commerce e alla fine si è tradotta in rinnovato valore immobiliare.

La famiglia si è piegata ma non spezzata: il numero dei divorzi e delle separazioni non è esploso come da incaute previsioni, in molti casi le distanze padri-figli si sono accorciate ma soprattutto il nucleo familiare ha assicurato la redistribuzione di reddito spegnendo alla radice il conflitto tra garantiti e non garantiti. La manifattura, grazie a un tratto comunitario che nel momento dell’emergenza ha avvicinato impresa e lavoro, ha consentito continuità alla produzione e insieme ha conservato il posto italiano nel ranking globale dei Paesi produttori. Infine il terzo settore ha ricucito laddove il welfare statale appariva slabbrato e insieme ha raccolto e rielaborato l’eredità della grande tradizione novecentesca di solidarietà sociale del sindacato e della sinistra italiana, che oggi appare ingrigita.

Usciamo quindi dal ciclo più crudo della pandemia con questo bagaglio e con queste sicurezze ma dobbiamo dire con chiarezza che non paiono sufficienti ad affrontare la fase che si apre. È vero che in virtù della recuperata autostima sommata a una buona campagna vaccinale e alla solidarietà inter-europea il clima di fiducia di imprese e famiglie, rilevato mensilmente dall’Istat, ha fatto registrare due sorprendenti balzi ma non è automatico che questo rinnovato sentimento si traduca in comportamenti all’altezza delle sfide che ci aspettano.

I consumi, per dirne una, non stanno decollando. Abbiamo tutti negli occhi l’affollamento delle strade consegnate all’economia del dehors ma non ci sono le file davanti ai negozi. Molto dipende dalla stagionalità, dagli armadi italiani tradizionalmente pieni, dai dubbi se comprare o meno un’auto elettrica, dal pieno di elettronica e arredo che abbiamo già fatto sotto lockdown e dunque non ci possiamo attendere, fino almeno a settembre, straordinari incrementi dei consumi.

Speriamo solo che di fronte alle persistenti difficoltà del turismo in entrata e in uscita dal Paese la voglia di vacanze si riversi come lo scorso anno sulle aree interne. In chiave di bilancia commerciale e di rivitalizzazione territoriale avremmo chiuso un’operazione tonda … leggi tutto

(Andre Taissin)

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