di IVAN CAROZZI
Come mai la parte di un nazista che compare in Una vita difficile di Dino Risi fu interpretata davvero da un maggiore delle SS,
coinvolto nell’eccidio delle Fosse Ardeatine?
Una vita difficile, commedia drammatica di Dino Risi, esce al cinema nel 1961. I protagonisti sono gli attori Alberto Sordi e Lea Massari. Lui veste i panni di un certo Silvio Magnozzi, partigiano, giornalista, aspirante romanziere, lei è invece Elena Pavinato, nubile, sveglia, autonoma, cresciuta in un paesino sulle sponde del Lago di Como. Nonostante la notorietà e lo status di classico, Una vita difficile nasconde nel cast una singolarità, una smagliatura, che non può non suscitare un certo stupore.
Il film è ricordato soprattutto per il breve bisticcio tra Silvio ed Elena e un gruppo di aristocratici e conservatori. Si ritrovano insieme a cena. La tavola è ingombra di candelabri e cristalli e su tutti incombe l’attesa per i risultati referendari del 2 giugno 1946. Chi interpreta il marchese Capperoni? Chi ha dato voce, mentre la radio annuncia la vittoria della Repubblica, ai vecchi monarchici dall’accento teutonico e all’anziano signore che sillaba “la mam-ma”, con l’affettazione di un bambino di otto anni?
E chi è la fragile e pericolante vecchina a capotavola, la principessa che con perfido candore domanda, come in una filastrocca, “Perché, perché, perché, tanta gente vuole male al re? Perché?”?
In realtà l’anomalia non si trova nella scena del battibecco con i monarchici, ma è nascosta, come un dettaglio in un dipinto, nei primi dieci minuti di pellicola. Silvio Magnozzi è in fuga. Le peripezie della guerra lo hanno portato in nord Italia. La barba è lunga, lo avvolge un impermeabile spiegazzato. Grazie a dei complici, è sbarcato sulle sponde di un paesello sul lago di Como.
È in cerca di un rifugio. La sequenza in cui procede radente a un muro, stanco e impaurito, è commentata dal frivolo ritornello Tuli-Tuli-Tuli-Tulipan, cantato dalle sorelle ungaro-olandesi del Trio Lescano. Il partigiano entra di soppiatto in un grazioso albergo. Ha saputo che la titolare possiede un vecchio mulino dove potrebbe passare la notte. In quel mentre un soldato tedesco entra nella stanza e ordina a Sordi di alzare le mani. “Tu partizan?”. Le cose si mettono male. Sordi viene spintonato nel giardinetto sul retro. Il militare è pronto a giustiziarlo sul posto.
Sbraita: “Traditore italiano! Tu hai sparato camerati teteschi!”. Quindi punta la pistola mitragliatrice verso il bersaglio, quando alle sue spalle Lea Massari-Elena, figlia della proprietaria dell’albergo, lo colpisce alla nuca con un vecchio ferro da stiro rovente. La vita del partigiano Magnozzi è salva, mentre il tedesco resta a terra, privo di vita … leggi tutto