Contrariamente a quanto si potrebbe supporre,
i giudizi intorno ai Miserabili, all’epoca della sua pubblicazione, non furono sempre entusiasti; ci furono critiche crude, alcune, come quella di Barbery d’Aurevilly, perfino feroci. Tra queste, la critica più interessante è di Alphonse de Lamartine, che affronta risolutamente la ragion d’essere della finzione nella storia dell’umanità. A suo dire, I miserabili è un romanzo capace di incitare al disordine, allo sconvolgimento sociale, che misura l’uomo in quanto vittima di una società coercitiva.
I timori di Lamartine farebbero ridere più di un lettore, oggi. Chi crede che un romanzo possa sovvertire l’ordine sociale? La società aperta del nostro tempo ha assimilato l’idea che il romanzo in particolare e la letteratura in generale siano forme – pur superiori quanto si vuole – di intrattenimento, di divertimento; un’occupazione che arricchisce la sensibilità, che stimola la fantasia, che sottrae i lettori dalla travolgente routine e dalle sordide preoccupazioni quotidiane.
Poiché è pressoché impossibile dimostrare che capolavori come le tragedie di Shakespeare, i romanzi di Faulkner, Don Chisciotte e Guerra e pace abbiano causato il pur minimo sconvolgimento politico e sociale, questa idea di letteratura come intrattenimento, infine innocua, ha finito per essere accettata da tutti. Vale lo stesso assioma nelle società chiuse, religiose o politiche?
L’istintiva sfiducia nei riguardi della finzione come pericolo per le menti, sobillatore di eresie, non è prerogativa degli inquisitori spagnoli. Le dittature di ogni tempo, infatti, hanno stabilito sistemi di censura per arginare la creazione letteraria e la sua libera diffusione, che avrebbe potuto mettere in pericolo il regime stabilito, erodere la disciplina, corrompere il conformismo sociale.
In questo, fascisti, comunisti, fondamentalisti e dittatori militari del terzo mondo sono equivalenti: non credono che la finzione sia puro intrattenimento – questa è la fede delle democrazie ingenue – quanto, piuttosto, una mina intellettuale e ideologica che può esplodere nella mente e nell’immaginazione dei lettori, rendendoli dei dissidenti, dei ribelli.
La Chiesa cattolica, in accordo con Lamartine, stimava il romanzo di Victor Hugo pericoloso per la salute dei fedeli, tanto da inserirlo, nel 1864, nella lista dei libri proibiti … leggi tutto
(Artiom Vallat)