Emmanuel Carrère è scrittore degno di lettura, spesso scaltro.
“Yoga”, però, è un buon libro. Insegna a cadere
Qualche giorno fa ero al telefono con Sebastiano Isaia, un ex marinaio autore del blog «Il Nostromo», che non vende tonno bensì spiega Marx. È un uomo intelligente e spiritoso e non è, tengo a dirlo, il solito marxista ottuso con cui puoi parlare solo di Marx anzi solo di marxismo.
Non si definisce nemmeno marxista e preferisce parlare di visione umana e critico-radicale. Proprio come Marx. Ci scambiavamo impressioni sulle nostre letture. Egli mi parlava di Balzac, del quale non ho mai letto un rigo, io a lui di Zola e Melville, due mie fissazioni, e concordavamo sul fatto che bisognerebbe lasciar perdere le novità, per quanto attraenti e talune sicuramente valide, e rivolgersi solo ai classici, tanto più che non basta una vita per esaurirne una discreta parte, figurarsi a capirli. Un paio di giorni dopo leggevo Yoga di Emmanuel Carrère, fresco di stampa.
A dire il vero, dello scrittore francese avevo già sulla griglia di partenza Io sono vivo, voi siete morti, la biografia di Philip K. Dick. Ma Yoga ebbe la meglio perché oltre a trattare il tema che dà il titolo al libro, si occupa di disturbi psichici, e segnatamente della depressione.
Ci sono libri laterali, ben scritti ma istintivi, veri, sinceri che possono schiuderti mondi, dimensioni nuove, e offrirti approcci all’esistenza, a cominciare dalla tua, che testi più specialistici, magari appositamente scritti con bolso linguaggio tecnico per rimarcare proprio l’inadeguatezza che ti senti addosso e che ti ha spinto ad acquistarli. Carrère invece gioca in maniera corretta e soprattutto fruttifera.
Yoga è un viaggio nel dolore, nelle cadute e nelle rinascite, basato su esperienze personali, dell’autore e di altre persone. Cerca di spiegare, e ci riesce, cos’è la meditazione offrendone parecchie definizioni, una più pertinente dell’altra, e cos’è la depressione, cosa è la vita vissuta nelle sue contraddizioni e la forza che si può trarre dalle cadute.
Ci sono un paio di frasi in Battiato che riassumerebbero bene un bel pezzo di Yoga: «Peccato che io non sappia volare, ma le oscure cadute nel buio mi hanno insegnato a risalire» (Testamento), oppure «Sapessi che dolore l’esistenza, che vede nero dove nero non ce n’è» (Stage door; ma i versi sono di Sgalambro) … leggi tutto