Essere l’unico vero politico d’Italia è la forza e la debolezza di Matteo Renzi (linkiesta.it)

di Beppe Facchetti

L’ex presidente del Consiglio è il leader più 
impopolare del paese, 

nonostante il successo di pubblico alle presentazioni del nuovo libro. Il motivo sta forse nel difficile rapporto tra i cittadini e la politica: gli italiani non amano i professionisti, e soprattutto non si fidano dei decisionisti. Su che strategia può puntare il fiorentino per cambiare questa narrazione?

Il successo di pubblico (quantità dei presenti e consensi) alle presentazioni estive del nuovo libro di Matteo Renzi merita una riflessione sul ruolo presente e soprattutto futuro, di un personaggio chiave della politica nazionale, protagonista di tutte le vicende decisive della legislatura, capace da solo di modificarne le sorti. Eppure inesorabilmente divisivo, oggi oggettivamente il meno amato dei politici italiani. Commentatori ed addetti ai lavori si distinguono per acidità, in particolare i maramaldi della corte degli ex laudatori, ma anche quel 40% che lo benedisse elettoralmente pochi anni fa, prende le distanze: è diventato antipatico.

Ma allora perché questo successo, questo evidente interesse per le sue iniziative, quegli applausi alle sue analisi? Solo gusto dello spettacolo, visto che la politica produce ultimamente solo la triste ripetitività dei talk televisivi? C’è qualcosa di sommerso, che va interpretato.

La risposta più immediata a questa contraddizione tra consenso apparente e dissenso sostanziale, sta forse nel difficile rapporto tra gli italiani e la politica. Renzi è un politico a tutto tondo, forse l’unico vero politico sulla scena – dopo la fine della generazione dei D’Alema – ma allora é proprio questo che lo rende indigesto. Certo uno bravo come lui in politica non c’è in giro, ma questo non è un vantaggio.

C’è una opinione generale che, al di là di specifici addebiti («aveva detto che si ritirava dopo il referendum e non lo ha fatto»), non riesce a spiegare perché sia diventato antipatico, ma questa non dovrebbe essere una categoria decisiva della politica. Di antipatici di successo è piena la storia.

Forse si vuole solo esprimere un disagio, una delusione rispetto all’entusiasmo di un tempo. Andava bene quando sollecitava l’emotività da rottamatore, ma il Renzi alle grandi manovre politiche è molto più difficile da assecondare. La politica non è un teatrino, ma questo giudizio di comodo ha attecchito, e finisce che i critici si tolgono il pensiero dandogli del guitto. Siamo nell’epoca in cui le cose complicate si semplificano, non si cerca di capirle.

Cosa sia davvero la politica, quali le sue regole, quale la sua indispensabile professionalità, gli italiani non lo hanno mai voluto capire e tanto meno apprezzare. Agli italiani vanno statisticamente bene quelli senza “quid”, gli Alfano e i Conte, dorotei di serie B (quelli di serie A erano politici sopraffini), gente senza spina dorsale, capitata lì per caso, eterne repliche dei personaggi di Alberto Sordi, opportunisti senza idee e senza ideali, inventati da altri e pronti a tradirli … leggi tutto

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