L’involuzione di una comunità politica che ha retto il paese dall’ultimo governo Berlusconi a oggi.
Adesso che con Mario Draghi potrebbe raccogliere i frutti del suo servizio pubblico, si rende di nuovo complice delle forze populiste. A questo punto le responsabilità non sono soltanto della Ditta, ma anche dei sedicenti riformisti che assistono come tricoteuse alla capitolazione
Sempre sia lodato il Partito democratico che dall’ultimo governo Berlusconi a oggi regge pressoché da solo la baracca del sistema Italia, fornendo funzionari di governo più o meno preparati all’amministrazione dello Stato e alle istituzioni europee. Medaglia al merito per aver reso in questi anni un servizio prezioso al paese, abbondante di onorificenze ma anche disagevole perché svolto tra marosi di babbei e di fratelli anti italiani.
Ai ringraziamenti sinceri, si accompagnano però altrettanto vivaci contumelie per aver scelto di governare in continuità con Salvini e Fofò Dj, la combinazione più vicina alla marcia su Roma da sessant’anni a questa parte, nel corso della grottesca stagione del vincitore della Lotteria Italia Giuseppe Conte, ai tempi titolare del fortunato biglietto staccato a Volturara Appula e oggi caricatura di leader politico.
Ma il peggio è arrivato dopo. Archiviata la parentesi dell’avvocaticchio populista, il Pd anziché stappare champagne per brindare all’incontro con Mario Draghi si è sentito offeso come un adolescente capriccioso cui è stato imposto di spegnere la PlayStation e di tornare a studiare. Incomprensibilmente, da quel momento, il partito di Letta tiene il broncio nei confronti di Draghi, dello stesso Draghi che ha liberato il paese dalla tragicommedia e il Pd dall’incantesimo politico meglio conosciuto come sindrome di Stoccolma Appula.
Per questo, il Pd è stato costretto a cambiare segretario, il quale si è presentato bene con un gran discorso iniziale, all’Assemblea nazionale che lo ha eletto, ma che ha smentito ogni singolo giorno successivo. A questo punto possiamo dire che Enrico Letta e i suoi sono la più grande delusione politica degli ultimi anni, anni peraltro di asticella delle aspettative rasoterra.
Zingaretti e Bettini, almeno, erano costretti a convivere con Conte e Casalino, da soci di minoranza di quella banda di sciamannati. Avevano una strategia di alleanza stravagante, che prevedeva umilianti sessioni di autoflagellazione pubblica. Era una scemenza impolitica ispirata alle manovre per superare la nomination nei reality show.
Una scelta passiva, fatalista e priva di immaginazione, incapace di esercitare un’egemonia politica e al contrario volenterosissima di subirla, ma almeno era una prospettiva … leggi tutto