di MATILDE QUARTI
Alto più di un metro e novanta, allampanato,
profilo sottile, naso affilato: non è difficile immaginare Giorgio Scerbanenco come lo ricordano i famigliari, allungato su una sedia a sdraio di Lignano Sabbiadoro, con la macchina da scrivere in equilibrio sulle gambe sottili e l’ombrellone a proteggere gli occhi dai riflessi impietosi del sole di giugno che rimbalza sul foglio insieme ai tasti che batte furiosamente.
Scrivere, per Scerbanenco, era la missione di una vita, non avrebbe smesso neanche per un pomeriggio al mare. Aveva imparato a lavorare così, otto ore al giorno, come un impiegato, come un muratore, diversi anni prima, quando non conosceva a fondo nessun altro mestiere e, eterno esule nella terra dove era cresciuto, non aveva appoggi famigliari o beni mobili e immobili per regalarsi il lusso di fare lo scrittore per passione.
Scoperto dal grande vecchio Cesare Zavattini e pubblicato da Rizzoli e Mondadori a partire dagli anni Trenta, Giorgio Scerbanenco diventa famoso come giallista negli anni Sessanta, quando Garzanti pubblica, tra gli altri, i suoi romanzi più famosi, quelli di Duca Lamberti. Una quadrilogia che ha contribuito a indicare una nuova, feconda, direzione al thriller italiano e che è stata la lezione mandata a memoria (con successo) dai giallisti nostrani che oggi amiamo.
Nel 2008 Sellerio riporta in libreria un altro detective “seriale” di Scerbanenco, americano questa volta, Arthur Jelling, e poi poco o nulla finché La Nave di Teseo non compra i diritti dell’opera dello scrittore e comincia un lavoro di ripubblicazione che va da romanzi e racconti ormai fuori catalogo e dimenticati dal grande pubblico, alla serie di Jelling, e continuerà, nell’autunno 2021, con i romanzi di Duca Lamberti fino a coprire, allo scadere dei diritti, tutta la produzione di Scerbanenco. Una collezione da non perdere anche per le illustrazioni di copertina, affidate a Manuele Fior.
Ma adesso riavvolgiamo il nastro e spostiamoci a Kiev, nel 1911, prima delle guerre mondiali, quando la città faceva ancora parte del vasto Impero degli zar e dove nasce Vladimir Scerbanenko, con la k, figlio di un insegnante di Lingue classiche ucraino, Valerian Scerbanenko, e di una donna italiana, Leda Giulivi. Vladimir non fa nemmeno in tempo a vederla, Kiev, perché a sei mesi dalla nascita è già a Roma con sua madre.
Fa ritorno in Ucraina solo diversi anni dopo, quando, sempre con Leda, torna a cercare il padre, di cui avevano perso le tracce durante la rivoluzione russa e che scopriranno essere morto, fucilato nelle rivolte.
Questo aneddoto del passato di Scerbanenco, con la c, lo conoscono solo i lettori più appassionati, per gli altri rimane “lo scrittore che ha inventato il giallo seriale italiano”, lo scrittore che si allontana dalle vicende à la Agatha Christie e dal noir di matrice americana, introducendo con Duca Lamberti gli stilemi di un genere che oggi domina incontrastato tutte le classifiche di vendita … leggi tutto