La transizione verde, le nuove generazioni e quattro C da considerare (ilsole24ore.com)

di Alessandro Rosina

Il recente Rapporto Ipcc (Intergovernmental 
Panel on Climate Change), 

organismo dell’Onu per la valutazione dei cambiamenti climatici, mette chiaramente in luce tre aspetti fortemente connessi tra di loro: la gravità della situazione, la responsabilità dell’attività umana, i crescenti costi del non agire.

Di fronte a questa grande sfida, in positivo c’è il fatto che si sta affacciando alla vita adulta la generazione più sensibile e consapevole di sempre della necessità di agire su questo fronte.

Se c’è un tema, infatti, in grado oggi di mettere in relazione virtuosa sensibilità e valori dei giovani con le questioni aperte del nostro tempo – con alto potenziale innovativo sui modelli di produzione e consumo – è proprio quello dell’ambiente, della promozione della salute e della salvaguardia della biodiversità del pianeta.

Non è un caso che le nuove generazioni si sentano pienamente coinvolte: sono del resto le prime a crescere fin dall’infanzia in un mondo in cui, con il termine e il concetto di Antropocene, viene formalizzata la collocazione del nostro tempo in un’era geologica condizionata dall’impatto dei comportamenti umani. Il portale della Treccani ricorda che tale neologismo è stato coniato negli anni 80 (periodo di nascita dei Millennials) ma diventa termine comune e concetto consolidato con le opere del Nobel Crutzen a partire dal 2000 (quando nasce e si socializza la Generazione Zeta).

È però anche vero che, nonostante questa loro predisposizione positiva, i giovani non si sentono attualmente messi nelle migliori condizioni per assumere un ruolo da protagonisti rispetto alla sfida posta. È quanto emerge da una ricerca promossa da Istituto Toniolo e Sofidel a partire dai dati di una indagine condotta da Ipsos lo scorso giugno. Innanzitutto, si conferma la crescita dell’importanza attribuita alla salvaguardia dell’ambiente e al contrasto dei cambiamenti climatici.

Rispetto ad una analoga rilevazione condotta nel 2018, la percentuale di intervistati tra i 18 e i 34 anni non informati e con conoscenza vaga del concetto di sviluppo sostenibile risulta ridotta dal 45% al 35%. Detto in altri termini, circa due giovani su tre hanno ben introiettato l’idea che l’emergenza climatica richieda un cambio di paradigma. Più che accettare rinunce rispetto al modo di vita delle generazioni precedenti, si tratta di ripensare il concetto stesso di crescita.

La grande maggioranza degli intervistati (circa tre su quattro) non ritiene si tratti di una moda e solo una stretta minoranza è trascinata dagli influencer su questo tema. Le fonti di informazione si confrontano con una dieta mediatica molto ampia.

Quello che più funziona è l’incrocio tra la dimensione orizzontale che ha come motore la passione veicolata dai coetanei e la dimensione verticale costituita dalle opinioni degli esperti e dai dati scientifici … leggi tutto

(Chris LeBoutillier)

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