Nel mio paese di origine, il Camerun,
sono cresciuta con la narrazione dell‘omosessualità come “les choses des blancs” (le cose dei bianchi) che noi dovevamo “leurs laisser ça là bas chez eux” (lasciarle là tra di loro).
L’omosessualità e la transessualità sono illegali in 32 paesi africani su 54, punibili con l’ergastolo in Uganda, Tanzania e Sierra Leone e la pena di morte in Sudan, Somalia, Mauritania e nella Nigeria settentrionale.
Nei continenti asiatico, americano ed europeo, da secoli, spesso con termini velati, a volte in modo stigmatizzante, l’omosessualità è stata descritta, praticata, mostrata o menzionata. Nel continente africano, la maggior parte dei riferimenti alla pratica della sessualità tra persone dello stesso sesso ne evidenzia l’origine necessariamente straniera.
E, in questo contesto, la lotta contro l’omosessualità e la “perversione delle società africane” si tinge di una forte connotazione politica di riaffermazione del proprio dominio territoriale. Si combatte l’omosessualità in quanto importazione occidentale per riaffermare la propria sovranità.
Il recente caso dell’arresto delle influencer transgender Shakiro e Patricia, l’8 febbraio scorso in Camerun, non ne è che uno dei tanti esempi.
Le due donne, ora in libertà provvisoria, erano state arrestate per “tentata omosessualità, oltraggio pubblico ai costumi del paese e mancanza di un documento d’identità nazionale”, condannate a 5 anni di prigione e una multa di 200.000 FCFA (300 euro) e 22.300 FCFA (33 euro), secondo le dichiarazioni di uno dei loro legali Richard Tamfu.
Shakiro, essendo molto conosciuta sui social per i suoi anni di attivismo e i suoi video, ha ricevuto un enorme sostegno internazionale, da parte di associazioni e personaggi famosi, tanto che i suoi avvocati hanno dichiarato che l’applicazione della pena massima per una “presunta” violazione della legge è un chiaro messaggio politico … leggi tutto
(Steve Johnson)