Caselli: «In galera andranno meno persone e i cittadini se la prenderanno col lassismo dei magistrati».
Menditto: «Non potremo più arrestare i politici».
«Pochi, maledetti e subito». Prendendo in prestito il motto dei bottegai romani del secolo scorso, l’avvocato Valerio Spigarelli, quando era presidente dell’Ucpi, criticava così l’abuso della custodia cautelare: «Lungi dall’applicare il concetto che la privazione della libertà sia un evento eccezionale – diceva Spigarelli – la giurisprudenza la utilizza per far scontare in anticipo quella che ( potrebbe) essere la sanzione finale, nel timore che l’inefficienza del sistema ne vanifichi l’applicazione».
Sarà anche per questo che la maggior parte della magistratura si oppone prepotentemente al quinto quesito referendario proposto da Lega e Partito radicale: la proposta mira ad abolire la possibilità di procedere con la custodia cautelare per il rischio di “reiterazione del medesimo reato”, facendo restare in vigore la carcerazione preventiva solo per chi commette reati più gravi.
La ferma contrarietà arriva dalle pagine del Fatto Quotidiano, spesso in sintonia con le posizioni della magistratura, soprattutto requirente. La voce più autorevole scelta è sicuramente quella di Gian Carlo Caselli, già procuratore della Repubblica a Torino e Palermo, che sostiene: «Se passa il referendum, ci saranno casi delicati e complessi, in cui sarebbe utile se non necessario ricorrere alla custodia cautelare, che non potrà invece scattare, in forza alla nuova normativa.
L’opinione pubblica, la piazza, rifiuteranno questa situazione, si genererà sconcerto, ci saranno proteste sul funzionamento della giustizia, che sarà accusata di lassismo. Gli effetti per la magistratura, già in profondissima crisi dopo lo scandalo Palamara, saranno devastanti. Ancora una volta si darà la colpa ai giudici. Un boomerang per la giustizia». Ignorato il merito del problema sollevato dal quesito.
Tra gli oppositori anche Francesco Menditto, procuratore di Tivoli che, dicendosi «frastornato» lancia l’allarme: «Non potremmo più fermare gli stalker, ma neanche i pedopornagrafi, chi truffa gli anziani, chi spaccia droga. E neppure i politici e i pubblici funzionari accusati di corruzione e di concussione». Inoltre, aggiunge Menditto, «le modifiche normative innescheranno le legittime richieste degli avvocati che obbligheranno a rivedere anche tutte le misure cautelari in atto.
Saremo dunque sommersi da migliaia di richieste di revoche e io vedo il rischio di un taglio con l’accetta delle misure cautelari. Del resto, con questa misura, il legislatore ci dice, né più né meno: io prendo posizione a favore dell’indagato, rispetto alla persona offesa».
Sempre dalla pagine del Fatto arriva la bocciatura da parte di una magistrato giudicante, Fabio Roia, presidente vicario del Tribunale di Milano, capo della sezione Misure di prevenzione: se il quesito passasse si potrebbe disporre la custodia cautelare «qualora vi sia un pericolo di violenza alla persona messa in atto o con armi o con mezzi violenti.
Quindi c’è un richiamo solo alla violenza fisica. Ma lo stalking non è basato su quest’ultima. Tanto per restare ai reati di genere, resterebbero fuori tutte le attività, forse la maggior parte, che riguardano la violenza psicologica o morale, minacce o molestie, che sono una delle caratteristiche fondanti del reato, nonché dei maltrattamenti familiari, nonché violenze sessuali commesse approfittando dell’incoscienza della persona» … leggi tutto