Caro direttore,
molto bello anche se, al momento, solo in linea teorica, il concetto di «lavoro di cittadinanza» espresso dal ministro Giorgetti. È giusto correggere il tiro per aiutare chi ha la necessità, «girando» direttamente alle aziende i fondi destinati al Reddito di cittadinanza (circa 8 miliardi di euro) per «inserire» e «formare» lavoratori seguendo perfettamente le indicazioni di Industria 4.0 riguardo l’aggiornamento del mercato del lavoro post Covid.
Impiegare in modo reale le persone, significa superare un concetto di «assistenzialismo» inadeguato e insostenibile per intraprendere la retta via. Speriamo!
Luca Testera Pardi
Caro signor Pardi,
È ormai evidente a tutti, anche ai suoi più accesi sostenitori, che il Reddito di cittadinanza, misura simbolo dell’era grillina, non ha funzionato. Non ha abolito la povertà (come avventatamente si sbandierò da un balcone governativo) né tantomeno ha assolto alla sua funzione fondamentale: aiutare i disoccupati a fronteggiare i mesi senza salario e prepararli a trovare un altro lavoro.
Sono fallite totalmente quelle «politiche attive» che esaminano il mercato del lavoro, studiano le competenze, formano i nuovi lavoratori e li mettono in contatto con l’azienda che vuole assumere. Tutto questo non è nemmeno iniziato e la speranza che il tema venga affrontato efficacemente con navigator e centri per l’occupazione burocratici e inefficienti è un’utopia. E allora è necessario cambiare rapidamente.
Non tanto per negare la necessità di un reddito di povertà, uno strumento indispensabile che esiste in tutti i Paesi europei, ma per ridisegnare tutta la seconda parte del Reddito di cittadinanza. Perché il lavoro non si crea con i sussidi elargiti dallo Stato ma con la produzione, la crescita, l’innovazione messe in moto da tutti gli imprenditori, grandi e piccoli.
Le aziende devono sicuramente essere coinvolte in questo processo, così come è essenziale dare una svolta radicale al sistema di formazione, in particolare di quella tecnica e professionale. Chiamiamolo pure «lavoro di cittadinanza», è un bello slogan.
Ma soprattutto facciamolo.
(Raoul Croes)