La filosofa a Sassuolo.
All’agenzia Dire sulla questione dell’autenticità, ha risposto proponendo un modello di “autenticità negativa”
“L’io come ideale solo orientativo di grazia, un insieme di stati e non un’identità”, “il governo del dispositivo della maschera per imparare a giocare con le apparenze”. È così che per Barbara Carnevali, filosofa e docente all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, che oggi terrà la sua lezione magistrale a Sassuolo al Festivalfilosofia, che si costruisce la libertà della persona di oggi esposta ad una esibizione continua tra social, dati, internet, telecamere, tracciabilità degli acquisti.
Così la maschera, di pirandelliana memoria, diventa il viatico e lo stratagemma per “mostrarsi nascondendo” e “nascondere mostrando” ciò che il singolo vuole e desidera far vedere di sé.
All’agenzia Dire sulla questione dell’autenticità, la filosofa ha risposto proponendo un modello di “autenticità negativa” ovvero “quando finiamo una relazione o quando non siamo appagati di un lavoro” allora in quei momenti scopriamo cosa vogliamo, chi siamo, ma “non è un’identità fissa”, siamo sempre in interazione “con gli spettatori sociali e anche con uno spettatore dentro di noi”.
“L’io di Rousseau da recuperare prima che il sociale lo deformi per me non c’è”, ha chiarito Carnevale, “un modello affascinante, ma il vero io non esiste”.