Il nome (comune-info.net)

di Ascanio Celestini

Piero Terracina tiene in mano il microfono. 
Attorno a lui ci stanno i ragazzi delle 
scuole di Roma. 

È l’autunno del 2005 e in Polonia fa caldo come in Italia. In quello che fu il campo di sterminio Auschwitz II ci stanno i camosci. Oppure i daini. Non mi ricordo. Però ho in mente le facce degli studenti. Uno che era tanto militante, uno di sinistra che mi ricordava come ero io alla sua età. Tanta voglia di leggere i libri che non consigliano mai a scuola, voglia di fare politica, poca voglia di studiare latino e greco.

Un altro che dice di essere di destra e poi mi hanno detto che è diventato buddista. Una ragazzina che parla con lo slang delle borgate, ma si commuove quando dice «mamma mi ha messo in valigia il maglione pesante. Adesso fa un caldo che schiumi, ma a quel tempo si congelavano».

E chissà cosa la commuove. Il freddo o la madre che gli internati non avevano più. «Quando so’ arrivata a Auschwitz me so detta: me sa’ che sarà una pezza, ‘na cosa parecchio pesante». E il ragazzo di destra: «non credevo che mi avrebbe toccato così tanto. Pensavo: vabbè, vai là e senti storie, ti informi. Però alla fine è stata ‘na cosa troppo particolare, davvero forte» … leggi tutto

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