di Francesco Cundari
L’ex manager televisivo ha detto varie cose strampalate, anche comiche,
ma ha ammesso che esiste un blocco di opinione consistente e coerente con un sentire comune e una comune visione del mondo alternativa a quella democratica
Lo dico subito: su un punto Carlo Freccero non solo ha ragione, ma si dimostra anche assai più lucido di molti suoi antichi e recenti compagni di strada. Ovviamente – ma c’è ormai qualcosa di ovvio, in questo genere di dibattiti? – non sto parlando delle sue teorie no vax, tanto meno della balzana idea di promuovere un referendum contro il green pass.
Sto parlando del modo in cui descrive, nella scoppiettante intervista pubblicata ieri sul Foglio, le battaglie politiche cui ha preso parte dal 2016 a oggi. E che ora lo vedono schierato su diversi quotidiani, dal Fatto alla Stampa, contro le misure anti-Covid decise dal governo Draghi, al fianco di autorevoli filosofi quali Giorgio Agamben, Massimo Cacciari, Gianni Vattimo. Pattuglia di pensatori che Freccero non esita a definire «un’avanguardia di sinistra».
Fin qui, si dirà, nulla di nuovo. La confusione sui concetti di destra e sinistra, sul ruolo di certi intellettuali e sulle effettive conseguenze politiche di certe battaglie è storia antica. E invece proprio a questo punto arriva un lampo di luce.
Quando infatti l’intervistatore, Salvatore Merlo, giustamente gli fa notare che saranno pure avanguardisti di sinistra, ma dicono «le stesse cose di Giorgia Meloni», Freccero risponde: «Significa che riesco a parlare, da uomo di sinistra, al suo grande elettorato che vincerà le elezioni. Io voglio penetrare lì dentro. È una operazione gramsciana. Ripeterò lo stesso schema che ho fatto col referendum contro Renzi».
Merlo lo incalza: «Stupro della Costituzione. Deriva autoritaria. Ducismo. Ma a quel tempo eravate tanti, c’era anche Gustavo Zagrebelsky». Ribatte Freccero: «E oggi contro il green pass siamo pochi. Io, Agamben, Cacciari e Vattimo. Lo so. Ma c’è chiaramente sulla carta un 30 per cento di italiani cui rivolgersi, quel 30 per cento che ha fatto vincere l’alleanza Lega-M5s. È sempre uguale. Lo stesso gruppo di persone. Io li chiamo i ‘non culturalizzati’ dal giornale mainstream».
Addio dunque alla favola del Movimento 5 stelle costretto ad allearsi con la Lega dalla cattiveria del Partito democratico, obbligato suo malgrado ad andare al governo con Salvini e a varare i decreti sicurezza, a chiudere i porti gareggiando con lui in populismo e sovranismo. Freccero individua un blocco di opinione consistente e coerente, che stima intorno al 30 per cento, in cui riconosce un sentire comune e una comune visione del mondo.
Che la si voglia considerare come una confessione o come una rivendicazione, come una voce dal sen fuggita o come un manifesto politico, questa analisi andrebbe affissa alle pareti della direzione del Partito democratico, e nella maggior parte delle redazioni dei giornali e delle trasmissioni televisive che si considerano «di sinistra», e ancora non hanno capito dove portano certe battaglie: dalla campagna contro il referendum voluto da Jp Morgan (ve l’eravate dimenticata questa, dite la verità) all’alleanza di governo Lega-M5s, sbocco più che naturale di quella mobilitazione, di quei metodi e di quelle parole d’ordine, al di là delle chiacchiere degli utili intelligentoni che vi presero parte, per finire oggi esattamente sulle posizioni di Fratelli d’Italia … leggi tutto
(Possessed Photography)