di Giulia Blasi
La storia delle polemiche sollevate dalla destra milanese intorno ai manifesti che pubblicizzano la terza stagione di Sex Education
ve l’ha già raccontata Galatea Vaglio in un articolo davvero gustoso. Quello di cui però non abbiamo ancora parlato, credo, è il motivo per cui Fratelli d’Italia e movimenti ultracattolici siano così terrorizzati dall’immagine di una banana sbucciata e di un mandarino dimezzato, al punto di richiederne la rimozione.
“Qualcuno pensi ai bambini!” gridano, come tante Maud Flanders con le perle al collo, sapendo benissimo che un bambino che vede una banana vede… una banana. I bambini sono letterali. Non capiscono le allusioni sessuali e non guarderanno Sex Education, una serie pensata per un pubblico di adolescenti ma seguita con gusto anche dagli adulti.
Il problema non sono i bambini, come vedremo.
Di cosa parla Sex Education? Di sesso, principalmente, ma come tutte le cose fatte bene che parlano di sesso, finisce a parlare di tutt’altro. Di identità, orientamento, libertà, ma soprattutto di desiderio. Sex Education parla di quello che gli esseri umani vogliono, di quello che bramano per sé stessi. Nelle tre stagioni già disponibili, gli abitanti della deliziosa cittadina di Moordale, situata in una zona dell’Inghilterra non meglio precisata, imparano a riconoscere i propri desideri, sessuali e non.
Imparano a capirsi, ad amarsi, a rispettarsi e a capire, amare e rispettare le persone con cui entrano in relazione. Nella prima stagione, il diciassettenne Otis scopre di avere un talento come consulente in materia amorosa e sessuale: in combutta con la compagna di scuola Maeve, lancia un business fra i compagni di scuola, affamati di informazioni che nessuno sembra essere disposto a fornire.
Otis è figlio di una terapeuta sessuale, e nonostante sia vergine e inesperto ha il dono di saper ascoltare. Episodio dopo episodio, aiuta i compagni ad affrontare non solo la parte meccanica del sesso, ma anche e soprattutto quella emotiva … leggi tutto