Quanti sono i lavoratori poveri in Italia?
E quali sono le loro caratteristiche? In uno studio l’analisi di un fenomeno in crescita, anche per la deregolamentazione dei contratti. I più penalizzati sono i “soliti noti”: donne, giovani e chi lavora al Sud.
Cos’è la povertà da lavoro
Con il Covid è cresciuta, nel nostro paese, l’attenzione per i livelli dei salari e le disuguaglianze di reddito. Non a caso, proprio di recente, si è ripreso a parlare di salario minimo legale anche nell’ottica di tutelare i cosiddetti working poor, ovvero quei lavoratori che non guadagnano abbastanza da superare la soglia della povertà.
Ma chi sono i working poor e come possiamo definire la povertà da lavoro?
Quando si parla di povertà solitamente si assume che dipenda principalmente dalla mancanza di lavoro. Negli ultimi anni, però, un numero crescente di studi ha provato che anche chi è occupato rischia di cadere in povertà in ragione di redditi da lavoro particolarmente limitati.
Nella letteratura economica e sociologica sono numerosi i tentativi di misurare il fenomeno (vedi Lucifora, 1997, Brandolini et al. 2002 ). Si utilizza di norma la definizione di “in-work poverty” di Eurostat, secondo cui sarebbero in questa condizione i lavoratori – e sono considerati tali coloro che risultano occupati per almeno sette mesi l’anno – che godono di un reddito familiare inferiore al 60 per cento della mediana del reddito disponibile equivalente (calcolato su base familiare). In base a tale indicatore, in Italia nel 2019 era working poor l’11,8 per cento dei lavoratori; la media europea è quasi 3 punti percentuali più bassa.
Lo studio
In realtà, l’in-work poverty è un concetto ibrido che tiene conto sia di caratteristiche familiari – quelle relative al reddito, utilizzate per accertare lo stato di povertà – sia di dati individuali – per accertare lo status di occupato. Sebbene la povertà sia un fenomeno valutato perlopiù a livello familiare, in un progetto di ricerca svolto all’interno del programma Visitinps mi sono posto l’obiettivo di indagare quanti sono i lavoratori (e quali le loro caratteristiche) che, se dovessero vivere unicamente del proprio salario, rischierebbero di ritrovarsi in uno stato di indigenza. In linea con alcuni suggerimenti della letteratura (vedi Raitano et al. In-work poverty in Italy – European Commission) ho trascurato il reddito familiare e definito come “povero da lavoro” chi nell’anno ha un reddito da lavoro non nullo, ma con una retribuzione individuale annua inferiore al 60 per cento di quella mediana … leggi tutto