di Felice Cavallaro
Gliela affidò il padre del magistrato dopo l’attentato: ora la dona alla città.
«Da 30 anni sta in garage, l’ho tirata fuori solo una volta per fare il film su Rosario»
Quando l’altro giorno il signor Angelo Terrana, a 91 anni, ha deciso che la macchina di Rosario Livatino poteva uscire, dopo trent’anni, dal box con la saracinesca sul cortile di casa, tutto avrebbe immaginato tranne che quel cimelio sarebbe andato in giro per Canicattì «come in processione, come fosse la festa del patrono».
Ci hanno pensato i carabinieri di questo centro a venti minuti dalla Valle dei Templi a piazzare il cimelio su un carroattrezzi, preceduto e seguito dalle gazzelle. Tutti diretti al vecchio convento dei domenicani, il centro culturale restaurato da Portoghesi, adesso con una corte dove migliaia di giovani e meno giovani fanno la coda per avvicinarsi alla Ford Fiesta sulla quale il «giudice ragazzino» viaggiava il 21 settembre del 1990 quando un pugno di assassini lo bloccò uccidendolo lungo una scarpata.
Restaurata dal padre del magistrato
Nelle immagini di repertorio si vede quella macchina addossata al guardrail, il lunotto in frantumi, la carrozzeria sforacchiata dalle pallottole. La restituirono al padre di Livatino dopo che grazie a un commerciante di passaggio, Piero Nava, erano stati arrestati in Germania alcuni dei «picciotti» del commando.
Papà Livatino la mandò in un’officina e la rivide com’è adesso, la vernice amaranto perfetta, non un graffio, la stessa tappezzeria, un solo specchietto retrovisore a sinistra, niente airbag, niente vetri blindati. A riprova della semplicità di un giudice che vedeva nella giustizia un’affermazione della sua fede e per questo dalla Chiesa proclamato beato.
«Un Angelo di nome e di fatto»
«Un santo, un Angelo come il suo secondo nome», conferma il signor Terrana che del padre del magistrato era braccio destro e autista sin dai tempi in cui dirigeva l’esattoria del paese … leggi tutto