La nostra attrazione per le atmosfere e i colori crepuscolari dipende da fattori culturali e fisici,
ma probabilmente non è sempre stato così
Ogni tanto a Milano succede che la città si fermi per ammirare tramonti bellissimi, che vengono fotografati e finiscono poi sui social network e nelle timeline di tutti gli abitanti della città. A volte succede in più città contemporaneamente, e a quel punto – quando il cielo assume un aspetto davvero insolito e suggestivo – se ne parla persino sui giornali, in un rito di ammirazione collettiva di cui non ci serve dare una spiegazione razionale: i tramonti sono belli, e ci basta questo.
Eppure a pensarci è difficile spiegare perché proprio i tramonti esercitino questa grande attrazione, senza ricorrere a motivazioni basate sulla loro presunta bellezza intrinseca. Una cosa che però non esiste: quella bellezza è evidentemente negli occhi delle persone che la riconoscono e la apprezzano, e che si fermano fino a tardi in spiaggia per vedere un tramonto sul mare, oppure sfruttano la cosiddetta golden hour per scattare foto da condividere su Instagram.
I motivi per cui siamo attratti da questo specifico fenomeno atmosferico e non, per esempio, dal vento o da un cielo nuvoloso, hanno a che fare con il nostro senso estetico, con la nostra percezione e anche con decenni di riflessioni artistiche e culturali.
Il tramonto ha stimolato la creatività di scrittori e scrittrici di tutte le epoche. Per dirne soltanto alcuni, hanno dedicato componimenti al tramonto Gabriele D’Annunzio, Pablo Neruda, Emily Dickinson, Giuseppe Ungaretti. A fine Ottocento, Jules Verne scrisse un libro intitolato Il raggio verde, la cui intera trama ruota intorno alla ricerca di questa fugace luce verde che dovrebbe comparire subito dopo che il sole è calato oltre l’orizzonte.
Nel romanzo, la protagonista è convinta che chi guarda il raggio verde poi potrà trovare il vero amore, e perciò dice agli zii che vogliono costringerla a sposare un noioso scienziato che accetterà di sposarsi solo dopo aver visto questo particolare fenomeno atmosferico (che a certe condizioni accade davvero).
Peraltro nel 1986 il regista francese Éric Rohmer fece un film omonimo riprendendo l’idea di Verne, ma con protagonista una donna depressa che non sa come trascorrere le proprie vacanze estive ed è insoddisfatta della propria vita amorosa. Dopo varie vicissitudini, e dopo aver appreso la storia del raggio verde per come la racconta Verne, la donna conosce un uomo con cui finalmente si trova bene.
Ma nel finale decide di chiedergli di andare a vedere il tramonto sul mare e aspettare il raggio verde, per avere la prova di aver trovato il vero amore della sua vita … leggi tutto