di GOFFREDO FOFI
È dal vecchio mondo, o meglio dall'Inghilterra all'avanguardia nel corso dell'Ottocento,
la patria di Swift, Dickens e Stevenson, ma anche di Darwin e ospitante l’Engels dell’inchiesta sulla classe operaia e il Marx che vi è infine sepolto; è dall’Inghilterra “vecchio mondo” e non dal “nuovo”, non dalle Americhe, che la fantascienza ha avuto origine.
Eppure l’interrogazione più urgente e più scottante sul futuro, sul “dove andiamo” oltre che sul “chi siamo” e sul “donde veniamo”, si afferma negli Usa, soprattutto grazie all’influenza dei grandi sociologi degli anni trenta-sessanta. Quella fantascienza sociologica che ha saputo guardare al suo presente vedendovi radici e destino, e raccontando (inventando o forse semplicemente portando all’estremo le riflessioni sulle tendenze in atto) i possibili esiti di una civiltà, con autori come Philip K. Dick, Sheckley, Bradbury, Sturgeon, Matheson, Simak, Herbert, Le Guin, Vonnegut e altri ancora.
Anche scrittori d’altro “genere” si cimentarono con la previsione scientifica, ma in una chiave politica e con risvolti satirici, come l’autore del Dottor Stranamore, da cui trasse un capolavoro il più grande dei registi cinematografici americani, Stanley Kubrick, che alla fantascienza tornò in seguito con l’ottimismo di 2001 Odissea nello spazio, seguito dal pessimismo sociale di Arancia meccanica (dal romanzo dell’inglese Anthony Burgess) e dal pessimismo antropologico di Shining.
Il filone della “fantascienza politica” costruita sui “se” (se, mettiamo, Hitler avesse vinto la guerra – ed è proprio Dick ad averlo esplorato meglio di tutti con La svastica sul sole), ha avuto diversi antenati “storici” americani uno dei quali, non eccelso e dimenticato, negli anni Trenta del ‘900 scritto da Upton Sinclair, Non può accadere qui.
I due romanzi più grandi della fantascienza “politica” sono stati scritti non a caso da due inglesi, e non a caso negli anni trenta e quaranta: 1984 di George Orwell e Il mondo nuovo di Aldous Huxley. La “distopia” vi si affermò definitivamente, sulla scia del romanzo russo di Evgenij Zamjatin Noi, romanzo che costrinse il suo autore all’esilio perché in decisa controtendenza con l’ottimismo lenin-stalinista.
E tra gli antenati delle grandi stagioni della fantascienza va infine menzionato anche uno scrittore statunitense, il Jack London de Il tallone di ferro che legò prima degli scrittori sovietici la storia della fantascienza a quella delle prospettive rivoluzionarie e socialiste … leggi tutto