A settembre il vetro che avvolge la fragile stabilità nei Balcani occidentali ha subìto nuove e pericolose incrinature che hanno elevato la soglia di attenzione in tutta la regione.
La prima crepa ha iniziato a delinearsi durante i primi giorni del mese in occasione della nomina del nuovo metropolita della chiesa ortodossa serba in Montenegro. La seconda si è riaperta nella seconda metà di settembre in Kosovo, dove il governo ha imposto a chi entra nel proprio territorio con un veicolo immatricolato in Serbia di utilizzare una targa automobilistica provvisoria kosovara.
A queste si somma una terza crepa che non ha mai smesso di allargarsi sin dagli accordi di Dayton del 1995 che hanno definito l’attuale composizione amministrativa della Bosnia-Erzegovina: si tratta dell’ennesima minaccia di secessione delle autorità politiche della Republika Srpska, una delle due entità (a maggioranza serba) in cui è diviso lo Stato balcanico.
Ma andiamo per gradi e vediamo nel dettaglio cosa sta succedendo in questi paesi.
Montenegro
Partiamo dal Montenegro, dove il 5 settembre scorso era in programma la cerimonia di insediamento di Joanikije II, la nuova guida della metropolia del Montenegro e del Litorale. Il viaggio di Joanikije verso il monastero di Cetinje, sede della metropolia, è stato ostacolato da barricate erette lungo la strada da sostenitori dei partiti di opposizione e da gruppi di montenegrini autodichiaratisi patriottici. Gli scontri con la polizia sono cominciati qualche giorno prima della data della cerimonia, che è stata portata a termine grazie all’intervento di un’unità speciale della polizia che ha scortato Joanikije in elicottero fino al monastero.
Ma perché tanta ostilità di parte della popolazione montenegrina nei confronti della chiesa ortodossa serba e del neoeletto metropolita? Per capirlo bisogna fare un paio di passi indietro.
Il primo arriva a dicembre 2019, quando è stata promulgata la controversa legge sulla libertà di religione che ha trasferito la proprietà di edifici ecclesiastici e altri immobili costruiti prima del 1918 (quando il Regno del Montenegro era parte del Regno di Serbia) dalla chiesa ortodossa serba in Montenegro allo Stato montenegrino. Questa legge ha scatenato un’ondata di proteste della chiesa serba.
“A queste proteste sono poi seguite una campagna di odio e radicalizzazione delle istituzioni serbe che ha coinciso con la campagna elettorale che ha portato a un grande cambiamento politico dopo 30 anni”, sottolinea a Valigia Blu Ljubomir Filipović, analista politico montenegrino. “Ora politici pro-Serbia occupano posizioni chiave nel nuovo governo e questo ha portato all’intronazione di Joanikije a Cetinje e ai disordini successivi”, continua … leggi tutto