di Silvano Calzini
Inserito a pieno titolo in quella ristretta élite di privilegiati che nella prima metà del Novecento si spostava in un perenne vagabondaggio di lusso tra le grandi città europee,
la Costa Azzurra, Capri con qualche divagazione esotica nelle colonie dell’Impero britannico in Estremo Oriente, a prima vista William Somerset Maugham (1874-1965) sembra la quintessenza dello snob inglese, anche se in realtà era nato a Parigi e ha trascorso la maggior parte della vita, quando non era in viaggio, in Francia.
Risentito con il destino per la prematura scomparsa dei genitori e più in generale con madre natura che non era stata particolarmente benigna nei suoi confronti regalandogli una pronunciata balbuzie e una statura non proprio imponente. Cinico, disincantato, spesso sarcastico e per questo malvisto da molti contemporanei eccellenti, convinti di riconoscersi nei protagonisti delle sue storie.
Dunque, Maugham non aveva proprio niente per attirare le simpatie del prossimo, eppure è stato uno degli scrittori di maggiore successo della sua epoca e tutt’oggi leggerlo è un autentico piacere per ogni lettore degno di questo nome. E questo grazie a una straordinaria qualità come narratore. Già, perché Maugham scrive in modo divino. Abilissimo a maneggiare le parole, si esprime in una prosa semplice e fluida con una leggerezza di tono che ha del sovrannaturale.
Il suo è uno stile che danza sempre su un filo sospeso tra un aristocratico scetticismo e una caustica ironia. Il tutto condito da un impareggiabile gusto del paradosso. Un autentico virtuoso nell’arte di costruire dialoghi sempre brillanti ed efficaci. Insomma, un uomo nato per raccontare … leggi tutto